Il praticante diventato professionista chiude il cerchio

FICTION E PROGETTI EDITORIALI, Il praticante

Questa è l’ultima puntata de “Il praticante”. Ammetto che mi sono divertito molto a scriverlo. Spero mi divertirò altrettanto quando metterò mano al progetto del romanzo che porta lo stesso titolo

Sapere che potevo contare su una indennità di disoccupazione di 2.400.000 lire al mese mi tranquillizzava. Ma sapere che di quella indennità non avrei incassato nulla, mi tranquillizzava ancora di più.
La cena con la Giovanna si era rivelata particolarmente utile, perché la signora è titolare di una casa editrice e, incidentalmente, aveva bisogno di qualcuno che le curasse lo sviluppo del sito internet.
Io avevo scoperto internet (dopo un periodo di iniziale scetticismo) durante il mio viaggio negli Stati Uniti dell’estate 2000. I vari uffici stampa dei club di Lega Minore che avevo visitato, facevano tutti riferimento a internet, quindi mi ero segnato un bel po’ di siti. Appena rientrato al lavoro a Piacenza, Pierino mi aveva dotato di connessione ISDN (quindi veloce, mentre a casa andavo con un volgarissimo modem analogico) e di indirizzo e mail: schiro@teleducato.it. Il che, mi aveva scatenato. Mi ero messo a scrivere ai giornali (una mia lettera venne pubblicata dal Corriere, con tanto di risposta di Indro Montanelli di cui sono ancora orgoglioso e telefonata di Aldo Notari di questo tono: “Lo vedi che ti seguo sempre?”), avevo preso contatti con la redazione di Baseball America (con cui collaboro ancora oggi) ed ero tornato a fare anche amicizie di penna (di tastiera, vah) come ai tempi della scuola e delle vacanze studio.

Il giorno che ho lasciato Teleducato (29 giugno 2001, incidentalmente anche il giorno del decimo anniversario del mio matrimonio) ero tranquillo, anche se mi ronzava per la mente una canzone dei Jam: “To be someone” e il verso: didn’t we have a nice time/wasn’t it such a fine time.
Smettevo di lavorare in una redazione, che era l’unico posto dove avevo lavorato, a parte il ristorante di mio padre e il consorzio per idraulici CITIA, dove ero finito nei giorni difficili del febbraio e marzo 1988. Dicevo addio ai viaggi con Gabriele Majo al seguito del Parma calcio (ma non alle cene con lui che, pure non con la frequenza di quegli anni, sono sempre in calendario). Dicevo addio alle tessere gratis per entrare allo stadio da calcio.
L’Ida, l’autorevole amministratrice di Pierino a Teleducato, mi pagò la liquidazione a rate. Cosa che, in effetti, non si potrebbe fare. Per la prima volta da anni, il mio conto corrente aveva un aspetto comunque florido e l’INPGI insisteva per sapere quanto guadagnavo, per integrarmi fino ai famosi 2.400.000. Perché la vita del giornalista è così: se non ne hai bisogno, c’è pieno di gente che ti tutela. Quindi, augurati di non avere bisogno….

Per me iniziano giornate diverse. Sono da matitna a sera su internet per cercare notizie riguardanti il baseball e per aggiornare Baseball.it. Scrivo di cose da tutto il mondo e provo una soddisfazione incredibile, perché per la prima volta da quando ho memoria c’è un flusso di notizie quotidiano sul baseball. E sono io a crearlo.
Alessandro Labanti, che è il proprietario di Baseball.it, mi nomina presto responsabile editoriale. Inizia una convivenza un po’ complessa con Mino Prati, veterano del giornalismo sul baseball e mio predecessore. Inizio anche a manifestare una certa allergia verso gli scambi di e mail che non portano a nulla. E’ grande libidine, per Labanti detto Labo infilare decine di indirizzi nello spazio CC e altre decine in quello CCN. Ma quasi nessuno risponde. Così gli dico che, se sono responsabile, molte di queste discussioni saranno sostituite da mie decisioni. Che saranno insindacabili.

I secondi 6 mesi del 2001 sono stati un periodo di grande crescita, sia per me che per Baseball.it. E di sogni che, per buona parte, non si sono realizzati. La commercializzazione del prodotto non è infatti andata di pari passo con la sua crescita editoriale. Concluse le elezioni del 2001 avevo parlato chiaro a Labanti: “Nel 2002 non sarò in grado di darti questo supporto, a meno che non ci sia per me un compenso”.
Il compenso arrivava dal fronte Giovanna. Per caso, mi avevano chiesto di sostituire una persona ammalata e redigere quelle che loro chiamavano vetrine e che erano dei redazionali su prodotti sportivi (abbigliamento, attrezzatura tecnica…tutto) in occasione del lancio sul mercato. Io avevo messo il pilota automatico e mi ero messo a scrivere, arricchendo le sintetiche note di redazione con aggettivi, particolari, descrizioni. In breve tempo ero diventato l’unico referente per la realizzazione delle vetrine. A tal punto indispensabile, che mi ero recato in redazione direttamente dall’aeroporto, di ritorno dal Mondiale di Taiwan.
Poco dopo era arrivata anche la chiamata di Sportal. L’editore che aveva rilevato il sito, aveva bisogno di un giornalista che conoscesse internet per riorganizzare la redazione. Mi aveva conosciuto ai tempi delle radio, aveva pensato a me.

Tutti questi eventi si sono intrecciati con la chiamata all’Ufficio Stampa della FIBS. Per quanto un celebre giornalista (non diciamo collega, che tale non lo considero più…) si divertisse a raccontare in giro per Parma che ero disperato e che quindi la Federazione (o meglio: i parmigiani in Consiglio Federale) mi aveva offerto un contratto per togliermi dalla disperazione, le cose non stavano così. Mi sono offeso parecchio, per queste chiacchiere. Ci ho pensato, se forse non era il caso di finirla lì, con lo sport dei miei sogni. Ma il richiamo della foresta che sentivo (io, una sorta di Zanna Bianca del baseball), non potevo ignorarlo. E la parola fine la scrivo dicendo che, quindi, sono ancora qui.