New Providence: a contatto con il mito del Compass Point e dell’uomo che scoprì Bob Marley

MUSICA, SCHIROPENSIERO, Texas e Bahamas 2016-2017, VIAGGI , , , , ,

Quando arriviamo all’hotel Compass Point (in copertina, l’hotel visto dal mare, n.d.a), vicino a Nassau, c’è buio e siamo accompagnati da un autista fuori di testa, che non tace mai, beve una sostanza misteriosa da una bottiglia nascosta in un sacchetto di carta e prova a ripartire con le nostre valigie. Alla reception una certa Connie si affretta anche a dire che la spiaggia qui “non è bella come a Paradise Bay” e mentre ceniamo al ristorante si alza un vento micidiale. La consolazione è che siamo in un posto mitico.

Bob Marley,  U2, Cat Stevens, Grace Jones, Steve Winwood, Melissa Etheridge, Tom Waits, The Cranberries, Richard Thompson e PJ Harvey. Hanno tutti soggiornato nel nostro albergo. La panterona Grace Jones addirittura nella nostra stessa stanza 101. L’hotel si chiama infatti Compass Point in onore dello studio di registrazione (omonimo) di proprietà di Chris Blackwell, l’ex produttore discografico che il Men’s Journal chiama “Il Magnate che va scalzo”. Nato in Inghilterra nel 1937, Blackwell passò la sua infanzia in Giamaica e nel 1959 fondò la Island Records (che, a onor del vero, ebbe una rinascita nel 1962, trasferendosi in Inghilterra). Prima di vendere tutto (1998) alla Polygram, Blackwell diede vita anche ai marchi Virgin, Chrisalis, Mango e (negli Stati Uniti) Sue.

Chris Blackwell in una foto di qualche anno fa

Quanti soldi avrà, questo adorabile (a giugno) ottuagenario? Difficile da dire. Ma certo, la sua parabola è un bell’esempio di come inseguendo un progetto strettamente artistico (rendere popolare la musica tradizionale della Giamaica) si possa anche fare fortuna. Bob Marley è la creatura più importante di Blackwell. O forse è vero il contrario, perché il grande artista giamaicano incideva da anni (il suo primo disco da solista è del 1962) quando (1971 a Londra) chiese di vedere il titolare della Island Records (che pubblicava i suoi dischi in Inghilterra) per fargli ascoltare qualche demo di sue nuove canzoni, eseguite con il gruppo The Wailers. Marley (classe 1945) aveva allora 26 anni e aveva da poco riabbracciato la fede Rastafari, che ritiene Hailè Selassie (Ras Tafari, l’Imperatore) Gesù Cristo venuto sulla terra la seconda volta (da qui si capisce perché i Rasta in Giamaica non fanno mistero di odiare gli Italiani). Blackwell trovò il materiale formidabile e, d’istinto, offrì un anticipo di 8.000 dollari a Marley per incidere un disco direttamente con lui. Si trattava di un sacco di soldi (facendo una rivalutazione veloce, si può dire che equivarrebbero a un 200.000 di oggi) da investire su un artista tutt’altro che famoso in Inghilterra. Ma fu sicuramente uno dei più grossi affari conclusi nel mondo della musica. Ne beneficiarono entrambe le parti, perché i consigli di Blackwell portarono Marley a fare scelte molto felici. Ad esempio, incidere come canzone acustica (e non con il consueto supporto dei Wailers) la memorabile Redemption Song, che nella classifica delle 500 canzoni più belle di tutti i tempi è al posto 66.
Quando la incise, come traccia finale di Uprising (sarà il suo ultimo disco, giugno 1980), Bob Marley sapeva di essere malato e Blackwell capì subito che questa canzone sarebbe stata il suo testamento artistico.
“Tutto quello che ho sempre fatto è cantare canzoni di libertà” dice l’ispiratissimo testo di Bob Marley “Volete aiutarmi a cantarle? Tutto quello che ho sempre avuto sono canzoni di redenzione”  e dice anche “Emancipatevi dalla schiavitù mentale/Solo noi possiamo liberare le nostre menti/Non abbiate paura dell’energia atomica/Nessuno fermerà il tempo/Per quanto tempo  uccideranno i nostri Profeti/Con noi che fi facciamo da parte e guardiamo…”.
Bob Marley è morto l’11 maggio del 1981.

Redemption Song è stata registrata al Compass Point Studio, esattamente dall’altra parte della strada rispetto all’hotel Compass Point. Lo studio è stato attivo dal 1977 al 2010 e oggi i suoi locali ospitano un ristorante che si chiama appunto The Studio (piuttosto valido e anche caro, ha chiamato molti piatti in onore degli artisti che qui hanno registrato; ovviamente, ho dovuto subito assaggiate The Cure…)  e un bar che (fantasia al potere) è Studio Cafè.
Qui alle Bahamas hanno registrato anche i Rolling Stones, i Talking Heads, i Dire Straits, David Bowie. E anche Julio Iglesias. Blackwell, quando lo studio ha chiuso, era ormai concentrato più sul business  dei cosiddetti Boutique Hotel, che ha sparso per tutti i Caraibi.
Tornando a Grace Jones, alle Bahamas ha inciso Warm Leatherette, che secondo il periodico specializzato New Musical Express è stato il disco dell’anno 1981. Ma non dormiva nella nostra stanza 101 allora, visto che il resort è nato nel 1995.

Nassau non è che abbia particolari attrattive, se non la statua di Cristoforo Colombo davanti al palazzo che ospita l’ufficio del Primo Ministro. A 5 chilometri dal Compass Point c’è Cable Beach, spiaggia famosa ma nemmeno paragonabile a Paradise Bay. E forse meno bella anche di Love Beach, che si trova a poche decine di metri dal Compass Point. Ci sorprende un po’ di pioggia e ci ripariamo sotto un tetto di frasche, dove veniamo raggiunti da un omino al quale non avremmo dato le classiche duelire e che invece, quando sa che siamo italiani, se ne esce (in un chiaro accento scozzese) con un memorabile: “Vorrei guidare la mia Ferrari fino in Italia, un giorno o l’altro. Così sente aria di casa”.
 A Goodman’s Bay attraccano parecchie navi da crociera e infatti è piena di gente. La spiaggia più famosa è comunque Cabbage Beach, che si trova sulla famosa Paradise Island, che è collegata a New Providence da un ponte e ospita il futuribile villaggio Atlantis, che offre soluzioni di soggiorno per…le tasche molto capienti.

Punto di vista di un ventoso 8 gennaio dalla camera 8 dell’hotel Compass Point

Il tempo non ha aiutato troppo il nostro soggiorno a New Providence, che è stato caratterizzato da un vento costante, che si è calmato solo giovedì 12 gennaio, il giorno della nostra partenza. Pagando il late check out, abbiamo sfruttato in pieno la giornata su Love Beach e cenato al bar del ristorante (dove forse c’è un menu più vario, che include nachos e pizza) prima di andare all’aeroporto.
La notte del nostro arrivo e la mattinata di domenica 8 gennaio sono state il peggio, con vento ululante, ombrelloni che cadevano e personale che si aggirava per il Compass Point abbigliato come se dovesse partire per la settimana bianca.
Ovviamente l’umore quel giorno non era dei migliori. Riporto dal mio diario: “…mi è venuta un po’ d’angoscia, non so perché. Magari è la difenidramina che stiamo prendendo…nei bambini dà luogo a excitability e sonnolenza…”.

I prossimi 2 articoli (giovedì 16 e venerdì 17 febbraio) saranno dedicati alle immersioni, il secondo è quello a cui mi sono preparato di più, visto che racconterà la memorabile shark adventure.

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