Ho “allungato” il 3 aprile per vedere dal vivo i Red Sox

BASEBALL

Se ritenete che il mio volto non appaia tanto riposato dalla foto di copertina, direi che avete ragione. A quel punto del 3 aprile, per il mio orologio biologico erano tipo le 5 del mattino (ma del giorno 4…). Però lo sforzo mi consente di scrivere il primo articolo sulla stagione 2018 dei Red Sox con all’attivo una presenza allo stadio. E con Chris Sale sul monte!

Mentre il mio compagno di viaggio e di lavoro Ezio Ratti, con il quale sto lavorando alla seconda edizione di The Game We Love (che, da libro sulla storia dell’attività internazionale del baseball, si evolve in libro sulla storia dell’attività internazionale di baseball E softball) si stava ingegnando per far funzionare il navigatore del suo telefono, il Marlins Park è apparso maestoso.

Meno male che si vede da lontano, perché il sistema di navigazione off line non è che abbia dato grosse soddisfazioni. D’altra parte, la Sixt voleva quasi 13 dollari al giorno per attivare il sistema in dotazione sull’auto. Ovvero, circa metà del costo del noleggio (assicurazione a parte; quello sulle assicurazioni e le auto a noleggio, è un capitolo che devo approfondire).

La cosa difficile non è stata dunque trovare lo stadio, bensì arrivare al parcheggio. E soprattutto entrarci, visto che il custode era estremamente sospettoso (la partita era iniziata, l’ingresso era bloccato da una serie di ostacoli di plastica modello cantiere) e ha provato in tutte le maniere a non farci accedere. Ma la mia prenotazione effettuata on line ha fatto fede. Una volta dentro lo stadio, con Sale in pedana che dominava, ci abbiam messo circa un inning a trovare i nostri posti. Anche qui, un’inserviente insisteva che dovevamo salire nelle suite. Assolutamente inspiegabile, visto che avevamo in mano biglietti ordinari e pagati regolarmente (questa precisazione, superflua, è una specie di tick che mi è rimasto dai tempi in cui lavoravo per la FIBS e avevo le truppe cammellate di zombie che si affacendavano per dimostrare che sprecavo soldi pubblici; quindi, se non siete zombie non fateci caso).

Se qualcuno vi dice che dopo un po’, a forza di volare intercontinentale, il jet lag non è più un problema, insultatelo da parte mia. Dentro al Marlins Park ho vissuto praticamente in una bolla.
Mi vedo comunque distintamente pronunciare queste parole: “Cavolo, il ritardo dell’aereo ci ha fatto perdere quasi 4 inning…speriamo che vadano ai supplementari”.
Detto e fatto: la partita è finita al tredicesimo.

Le occasioni per farla finire prima i Red Sox le avrebbero anche avute. All’ottavo Bradley è stato eliminato a casa dopo aver aperto l’inning con un doppio. All’undicesimo l’esterno centro dei Marlins Lewis Brinson (classe 1994, di Fort Lauderdale) si è arrampicato in cielo per rubare un fuoricampo a Betts (che era appena entrato). Ma per la verità, la partita i Red Sox avrebbero anche potuto perderla, proprio all’undicesimo. Con i Boston in vantaggio 2-1, l’esterno destro di Miami Cameron Maybin ha colpito un gran doppio che ha spinto a casa il terza base Brian Anderson. Ma il prima base Justin Bour, pur correndo evidentemente con una roulotte attaccata (il suo profilo sul sito MLB.com lo accredita di 265 libbre, un 120 chili, di peso), ha provato a segnare (partendo dalla prima!) con la palla in mano a Bogaerts ed è stato (di qualche chilometro) il terzo out a casa.
A risolvere la partita ci ha poi pensato Hanley Ramirez, trasformando in un gran doppio (a casa Betts e Benintendi) il terzo lancio del colombiano Tayron Guerrero.
Sul monte a quel punto per i Red Sox c’era Heath Hembree (Kimbrel, come il closer dei Marlins Ziegler, era entrato al decimo), che non ha avuto problemi a difendere i 2 punti di vantaggio.

L’immagine di JD Martinez sul tabellone del Marlins Parl

Ho visto JD Martinez fare moderatamente schifo (scusate l’eufemismo): una battuta in doppio gioco e uno strike out. Ma sono comunque speranzoso per il suo futuro di Red Sox. In effetti, non mi è sembrato il classico animale del box: fa buoni turni, va profondo nel conto. Penso sia solo in ritardo di condizione. E non accetto che possa giocare “sotto il peso di un contratto ricco”. Siamo tutti d’accordo che sopportare quel certo tipo di pressione piacerebbe anche a noi…

Da quel 3 aprile a Miami, i Red Sox hanno sempre vinto. Anzi, in questo 2018 hanno sempre vinto. Se si eccettua naturalmente il 29 marzo a Tampa, quando qualcosina non ha funzionato nella strategia del manager Cora. Ma era la prima partita dell’anno.
Come nel 2017, sono tutti dietro: i Blue Jays a 3 partite e quelli in pigiama addirittura a 4. Ma se questo è successo perché i Red Sox hanno avuto un avvio di stagione morbido (come calendario) lo impareremo subito. Da questa notte Boston ospita per 3 partite gli altri e per 4 gli Itteri di Baltimora, prima di intraprendere un tour della California (contro Angels e A’S).

Considerazioni finali sul 3 aprile

1) Volevo ben dire che era da troppo tempo che non si faceva male nessuno. Domenica Bogaerts si è procurato una micro frattura dell’osso di talus (ho dovuto cercare anch’io su Google: è nella caviglia) per rimediare a un proprio colpo di genio che avrebbe mandato la palla nel dug out (e, probabilmente, fatto perdere la partita). Al suo posto si alterneranno Holt (idolo di Fenway, dopo che si fa presentare da I will always love you di Whitney Houston; secondo Moreland, la rimonta di domenica è proprio iniziata grazie all’emozione suscitata dalla canzone; boh?!) e Tzu Wei Lin, richiamato dal Triplo A.
2) A me i Marlins proprio scarsi non son sembrati. Anzi, il lanciatore dominicano Ureña lo definirei proprio buono. Così come l’interbase venezuelano Miguel Rojas
3) Il tetto retrattile del Marlins Park è formato da 3 pannelli da qualche migliaio di tonnellate ciascuno e che si muovono grazie a un meccanismo che ricorda quello di una locomotiva. Il sistema di alimentazione dei pannelli si auto rigenera. Questo significa che per aprire il tetto (servono circa 15 minuti) la spesa in elettricità è di appena 15 dollari.
P.S. Per i non praticanti: gli altri e quelli in pigiama sono 2 modi di definire i New York Yankees. Itteri è la traduzione in Italiano di Orioles.

E visto che (stando a Moreland) porta bene…