Da sinistra: Giovanni Malagò, Mike Piazza, Andrea Marcon

Buon lavoro, Mike Piazza. Ma…

Approfondimenti e curiosità, BASEBALL

Tra i vari casini provocati dalla breve gestione Dalla Noce della FIBS nel 2001 ci fu la nomina di Jim Davenport a manager della Nazionale di baseball.

Peanut Davenport era stato un grande giocatore per i San Francisco Giants (faceva parte della squadra che portò la Franchigia in California nel 1958; giocò oltre 1.000 partite in terza base; risulta il quarto come presenze nella storia di San Francisco dopo Willie Mc Covey, Willie Mays e Barry Bonds), arrivando a vincere il Guanto d’Oro 1962, stagione in cui si meritò l’All Star Game. Aveva anche ricoperto il ruolo di manager dei Giants nel 1985, ma la sua esperienza durò poco. Davenport vantava comunque esperienza come coach di Major League (1976-1982 in terza base per i Giants) e di manager e coach in Minor League (Padres e Giants).

La FIBS gli affiancò uno staff quanto meno curioso. Il figlio Gary, allora poco più che quarantenne, era il suo braccio destro. Gary aveva giocato poco meno di 200 partite di Minor League per i Giants, 9 in Doppio A, prima di trasferirsi a Nettuno come giocatore e, successivamente, coach. Ernie Broglio, proprio il lanciatore divenuto famoso per il peggior affare di mercato della storia del baseball. era il pitching coach.
Broglio vinse 18 partite nella stagione 1963 per i Cardinals di St Louis, poi venne ceduto ai Cubs di Chicago nell’ambito dell’affare che portò a St Louis addirittura Lou Brock. Che, ad onor del vero, al momento dello scambio batteva un mediocre .251.
La FIBS decise di affiancare ai Davenport e a Broglio uno staff allargato. Comprendeva Mauro Mazzotti, Beppe Massellucci, Mike Romano e Claudio Corradi. Non necessariamente da utilizzarsi assieme.

L’Italia ottenne il peggior risultato in un Europeo di baseball. A Bonn e Colonia (Germania) gli azzurri persero con la Russia la semifinale e finirono terzi.
Ricordo che Jim Davenport aveva le lacrime agli occhi, mentre si cambiava le scarpe alla fine della partita. Accettò di rispondere a qualche domanda.
“Come fai a dire che è stata una delusione?” mi disse con il suo accento da gentiluomo sudista “Abbiamo perso una partita…”.

Davenport aveva a disposizione una signora squadra a Bonn e perse (2-1) con la Russia a causa di circostanze irripetibili. Il line up italiano battè solo una valida in 6 riprese contro Rinat Makhmoutov, un ex lanciatore di giavellotto di 35 anni.
Davenport guidò poi una Nazionale a dir poco raccogliticcia al Mondiale del novembre successivo a Taiwan. Marco Sforza svolgeva l’ambivalente funzione di terzo catcher e dirigente accompagnatore. Oltre che osservatore di Alberto Antolini, impegnato nella volata lunga che lo porterà (o meglio, porterà il suo candidato) a perdere le elezioni contro Riccardo Fraccari. Sarebbe poi regolarmente successo in altre 3 occasioni: 2004, 2008, 2012.
L’Italia non giocò per niente male, ma non superò il primo turno. Jim Davenport mi si avvicinò dopo l’ultima partita per dirmi: “Peccato, avessimo avuto la squadra che avevamo in Germania saremmo venuti con te a Taipei”.

Tutto questo mi serve per dire che non è che un allenatore di Major League sia garanzia di avere una Nazionale vincente. Quello che fa la differenza è il programma. E di quello della Nazionale di Mike Piazza io non ho visto traccia.

Per meglio dire: ho letto un accenno nella corrispondenza del giornalista Andrew Dampf di Associated Press. Stando al suo articolo, ripreso da diverse testate negli USA, Piazza ha chiesto e ottenuto il controllo dell’intero programma delle Nazionali.
“Voglio una filosofia unica” è il virgolettato attribuito da Dampf a Michele. Piazza usa l’aggettivo scattered, che può essere tradotto con “confuso” o anche “sporadico”, per definire quel che non vuole veder succedere. Scegliete il significato che volete, perché in ogni caso chiarisce come il nostro la pensa.

Piazza dichiara di ispirarsi a Tom Lasorda: “Era capace di farti ottenere più di quello che tu pensavi di poter ottenere” e afferma di non aver accettato l’incarico per “avere un bell’aspetto in divisa”. Come manager, vuole riproporre lo stile che aveva da giocatore: “Essere aggressivo, creare occasioni, far bene le piccole cose“.

Mike Piazza è stato un grandissimo giocatore, ma non ha mai fatto il manager. Una parte del suo successo dipenderà dallo staff.
Sono sicuro che uno dei coach di Piazza sarà Bill Holmberg, ma mi auguro che la FIBS non lo abbia scelto come il Gary Davenport della situazione. Mi auguro anche che gli altri coach non vengano scelti con criteri geopolitici, ma per dare a Piazza le competenze che gli servono per fare il suo lavoro.

Ci sarebbero poi i programmi. “Vogliamo vincere, ma anche preparare giocatori per la Major League“.
Va bene, Michele. Ma come?

La FIBS ha raso al suolo l’Accademia di Tirrenia, il progetto Verde Azzurro. Le Nazionali giovanili sul palcoscenico mondiale non sono apparse all’altezza. E sia chiaro: io non voglio mettere in risalto la scarsa qualità delle rose. Quello che mi è spiaciuto vedere è che le nostre Nazionali arrivano ai tornei non preparate per il livello di competizione che troveranno. La Under 18 al Mondiale 2017 aveva una dose rispettabile di talento, ma non è stata messa nelle condizioni di competere. L’anno dopo ha ospitato l’Europeo di categoria e ha fallito la qualificazione al Mondiale 2019. Un disastro.

Secondo me, le nostre Nazionali si dovrebbero prima di tutto porre l’obiettivo di limitare il numero di basi ball concesse e di errori commessi. Quindi, dovrebbero provare a giocare a baseball. Tutto il resto fa parte delle chiacchiere inutili.
In Italia si gioca a baseball dal 1948. E la FIBS è una delle Federazioni Baseball che dispone di più risorse al mondo. Dobbiamo essere in grado di mettere in campo Nazionali di cui essere orgogliosi. Indipendentemente dal fatto che in campo vadano i nostri figli o nipoti.

Ci sarebbe poi bisogno di competenza a livello di coordinamento delle Nazionali. Ma forse qui sto iniziando a sognare.

Per la cronaca:

Everardo Dalla Noce è morto il 12 dicembre 2017, a 89 anni compiuti.

Jim Davenport è morto il 18 febbraio 2016. Avrebbe compiuto 83 anni il 17 agosto. I Giants lo hanno ricordato indossando il suo numero 12 sulla manica sinistra per tutta la stagione.

Ernie Broglio è morto il 16 luglio del 2019 all’età di 83 anni. Dopo essersi ritirato come giocatore alla fine della stagione 1967, Broglio ha iniziato una carriera come rappresentante. Ha continuato a dedicarsi al baseball come pitching coach di High School. Negli anni ’90 apparve a Wrigley Field a Chicago con Lou Brock in persona e gli venne riservata una sonora selva di boooo. Commentò, togliendosi il cappello: “L’esperienza più divertente della mia vita”.

Gary Davenport è diventato un coach e manager nell’organizzazione dei San Francisco Giants a partire dalla stagione 2005. Il suo incarico nel 2019 era di fundamentals coach per i San Jose Giants, Singolo A avanzato.

Alberto Antolini e Marco Sforza si stanno probabilmente preparando all’ennesima campagna elettorale perdente.

La foto di copertina è di Corrado Benedetti-NADOC Media. Da sinistra: Giovanni Malagò, Mike Piazza, Andrea Marcon