Come è stato bello, coronare un sogno

BASEBALL, CINEMA, MUSICA, SPORT, VIAGGI, World Series 2009

Chissà quanto tempo ci ha messo Joe Girardi a preparare la battuta che ha fatto durante la parata per festeggiare le World Series: “Siamo tutti molto contenti, ma quello che voglio dire è che tra 96 giorni catcher e lanciatori sono allo Spring Training“. Ho la fortissima tentazione di alzarmi ed insultarlo, ma resto seduto perchè porto rispetto ai vincitori, anche se sono gli Yankees.
Il rapper, e tifoso Yankees, Jay Z (Anthony Mandler)Jerry, il cognato di Sal, se ne esce con quelle dichiarazioni politically correct a cui sono allergico dalla nascita: “Io sono tifoso dei Mets, ma sono contento perchè ha vinto una squadra di New York“. Ma dai! Se mi doveste sentir dire che sono contento perchè ha vinto l’Inter, che è pur sempre una squadra italiana, vi autorizzo a non parlarmi più.
Sal è commosso. Io, che nell’euforia dello stadio pieno, della prima volta alle World Series, dell’atmosfera mi ero (colpevolmente, lo ammetto) scordato che la festa riguardava gli Yankees, adesso mi sono ripreso e non vedo l’ora di poterli vedere perdere.

Jay Z canta ‘Empire State of Mind’. Ma è senza Alicia Keys. E’ forte, però, questo qui: “Since I made it here, I can make it anywhere”. Però, questa volta omette di cantare “Shit, I make the Yankees more famous than the Yankees can”. Che è una delle frasi del testo per cui, se scarichi la canzone da I-tunes ti si memorizza “explicit”. Ti si memorizza anche perchè Jay Z dice ripetutamente la parola “nigger”, che è lo spregiativo razzista per nero. Ed è una parola che un bianco non direbbe mai, se non ad una riunione del ku-klux-clan (che ho scritto minuscolo apposta…).
Il nostro Jay Z ha un patrimonio di 360 milioni di dollari e ha sposato Beyoncè.
C’è anche Michael Kay, il radiocronista che è stato partner del leggendario John Sterling (quello diventato famoso per il “Theeeeeeee Yankees win!”) dal 1992 al 2001. E, ovviamente, rifà il verso al suo ex partner. E a quel punto, con tutta la folla in visibilio, non posso più guardare. Vado a preparare la valigia, che è venerdì 6 novembre e devo tornare a casa.

Mentre andiamo all’aeroporto, la radio trasmette “I gotta feeling”, la canzone dei Black Eyed Peas che sentita dagli altoparlanti dello ‘Yankee Stadium’ prima di gara 6, in quel verso che dice “Tonight is gonna be a good night”, mi ha fatto onestamente venire la pelle d’oca.
Sal la canta a squarciagola. “Mi sa che la uso per il Gala dei Diamanti”, mi scappa.

Non so se tornerò mai alle World Series. Lo penso quando ho ormai superato i controlli di sicurezza dell’aeroporto ‘Kennedy’ e sono all’imbarco del volo Alitalia per Milano Malpensa. La mia lingua madre ormai invade le orecchie, ma io sto leggendo “Into the wild”, il libro da cui Sean Penn ha tratto il film omonimo.
La storia di Chris Mc Candless è incredibile. Appena finite le scuole superiori, questo ragazzo ha in banca circa 24.000 dollari. E’ il suoL'ultima immagine di Chris Mc Candless da vivo patrimonio per frequentare l’Università. Ma lui sparisce, dona tutti i soldi (a parte 850 dollari, che tiene per sè con qualche rammarico) e parte con lo scopo preciso di andare ad esplorare da solo l’ Alaska. Ci riuscirà, ma per una serie di circostanze sfortunate in Alaska perderà la vita, probabilmente morendo di fame.

E’ facile, dire che Mc Cadless era uno scoppiato, che è andato poco attrezzato in Alaska, che non ha dato il suo itinerario ai Ranger e quindi se la è andata a cercare. Come verrebbe spontaneo dire a noi, che non pensiamo di poter essere uccisi dalla natura.
Prima di pensarlo, però, provate a leggere il libro di Jon Krakauer: “Into the Wild”, appunto.
Krakauer è uno scrittore (anche di un certo successo) ed esploratore, che sente una grande affinità elettiva con il sogno di Mc Candless. Nel libro racconta di quando lui stesso rischiò la vita abbastanza stupidamente per provare di essere in grado di fare sci alpinismo da solo. Lui se la è cavata, ma non se la sente di rinnegare quel sogno.
Leggere “Into the wild” è emozionante. Krakauer, che ha lavorato assieme ai famigliari di Mc Candless, ci restituisce il ritratto di un giovane che ha commesso ingenuità, ma ce lo fa ammirare con tutto il cuore per la pervicacia con cui ha inseguito il suo sogno.

Tra gli appunti di Chris Mc Candless spicca una frase di Tolstoj: “Io volevo eccitarmi, volevo pericolo e la possibilità di sacrificarmi per quello che amo. Avevo così tanta energia, che non sapevo cosa farmene in questa nostra vita così tranquilla”.
Mc Candless infatti è morto scrivendo: “Ho avuto una vita felice. Grazie a Dio. Addio e Dio vi benedica tutti”.
Certo, ha lasciato dietro di sè anche tanto dolore. La sorella ha dichiarato a Krakauer: “A chi ammira Chris per quello che cercava di fare, voglio dire che lo farei anch’io, se fosse sopravvissuto. Non so se supererò mai questa perdita”.
Ron Franz, l’uomo che lo voleva addirittura adottare, ha detto qualcosa di terribile e dolcissimo allo stesso tempo: “Sono diventato ateo. Non posso credere in un Dio che ha lasciato succedere qualcosa di terribile ad un ragazzo come Alex”.
Già, Alex. Perchè Franz (e tutti quelli che hanno conosciuto Mc Candless dopo che ha lasciato la famiglia) lo conosceva come Alex Supertramp.

Krakauer ci invita anche a pensare alla storia (o forse leggenda) dei Papar. Si tratta di monaci irlandesi che hanno raggiunto su barche quasi di fortuna (parliamo del quinto secolo dopo Cristo) prima l’Islanda e poi la Groenlandia. Perchè se ne sono andati dall’Islanda? Perchè all’arrivo dei norvegesi, non erano più soli.

E’ uno spirito che ha molto ben compreso ed interpretato Eddie Vedder, il cantante dei Pearl Jam, che ha composto “Guaranteed”, la canzone che fa da tema musicale al film di Sean Penn e che dice: “Non venirmi troppo vicino, o sarò costretto ad andarmene”.

Caro Alex Supertramp, io penso di averti capito. Anche se, molto più modestamente rispetto a te, come sogno avevo quello di andare alle World Series. Non è stato nulla di avventuroso, ma sono comunque contento di non essermi fermato quando mi dicevano “Ma dai, vuoi andare fino in America per partite che puoi vedere in TV?”.
Forse ha ragione Eddie Vedder quando canta: “Non c’è modo di essere libero”. Ma cercare di coronare i propri sogni, aiuta.

IL SITO ALLA MEMORIA DI MC CANDLESS (in Inglese)