Come vedo io il ruolo di Addetto Stampa

L'Ufficio Stampa, MULTI MEDIA

Chiarire come vedo io il ruolo di Addetto Stampa servirà a partire con il piede giusto. Chi deciderà di leggere anche le prossime parti, saprà insomma che punto di vista aspettarsi.
La prima volta che ho sentito parlare di Addetto Stampa è stato verso la fine degli anni ’80 del secolo scorso. Appena avuto l’incarico di aprire le trasmissioni di radio Onda Emilia, venni informato del fatto che dovevo predisporre un collegamento telefonico con l’Addetto Stampa del Comune di Parma.
Ho scritto che ci troviamo in un altro secolo non a caso. In quegli anni il rapporto con una organizzazione come il Comune era assolutamente unidirezionale. Per dire, i cittadini non eleggevano nemmeno il Sindaco (la Legge per l’elezione diretta del Primo Cittadino arriverà solo dopo Tangentopoli) e i giornalisti ricevevano passivamente (e senza particolari oneri di verifica) le informazioni dall’Addetto Stampa. Posso anche azzardare che senza i comunicati dell’Ufficio Stampa del Comune (che arrivavano ancora tramite un solerte fattorino, ma di lì a poco avrebbero inaugurato l’epoca del fax a carta chimica, particolarmente insidiosa da portare in onda perché si scoloriva e arricciava…) sarebbe stato difficilissimo costruire un notiziario di durata accettabile.

Come vedo io il ruolo di Addetto Stampa

Quando nell’estate del 1989 mi venne chiesto di occuparmi dell’Ufficio Stampa della Coppa dei Campioni di softball, che per la prima volta si giocava a Parma, ebbi subito chiaro il quadro della situazione: io non rappresentavo un’organizzazione che forniva informazioni a tutti i giornalisti, che a loro volta non vedevano l’ora di riceverle. Io avevo l’incarico di trovare visibilità per una manifestazione che di suo non ne avrebbe avuta moltissima. Mi ritrovai a gestire il primo conflitto d’interessi della mia carriera: oltre che l’Addetto Stampa della Coppa, ero anche il collaboratore della Gazzetta di Parma che avrebbe dovuto produrre gli articoli sull’evento per il giornale e il cronista di Onda Emilia incaricato di raccontare le partite più importanti in diretta. Dei 3 (l’organizzazione della Coppa, la Gazzetta di Parma e Onda Emilia) l’unico che mi pagava era la Gazzetta di Parma. Onda Emilia (di cui ero nominalmente Amministratore Unico, ma per la verità facevo tutto tranne amministrare…) mi aveva sostanzialmente affittato agli organizzatori per aiutarli a gestire la Coppa nell’ambito di un più articolato contratto tra le parti che avevo redatto e poi sottoscritto come rappresentante legale di una delle parti in questione, prevedendo quella sostanziale servitù da me prestata.
A ben pensarci, uno come me faceva comodo. Avevo contatti con le redazioni, potevo essere utilizzato sia per scrivere che come speaker e conoscevo piuttosto bene la materia (intesa come lo sport del softball). Inoltre, parlavo e scrivevo in Inglese e la cosa (si trattava pur sempre di un torneo europeo) aveva la sua rilevanza.
Così, quando una decina d’anni dopo mi venne detto che potevo essere il candidato ideale per l’Ufficio Stampa della Federazione Baseball Softball (FIBS), dovetti convenire che una logica in questo modo di ragionare c’era. Anche se non avevo nessuna voglia di uscire dal giornalismo attivo e di esplorare quella parte del mondo.
Non feci in tempo ad arrovellarmi nel dubbio, perché lo staff del neo Presidente FIBS Everardo Dalla Noce mi fece sapere che, al limite, mi avrebbero potuto ammettere ai loro futuri corsi per giornalisti di baseball. Risposi (tra il serio e il faceto) che, al limite, avrei potuto frequentare i loro corsi come docente. E mi appuntai questo: la ricerca di un Addetto Stampa difficilmente avviene per titoli o curriculum, ma sulla base di segnalazioni e in base alla dose di auto referenzialità che si trova in qualsiasi ambiente.
Questa verità mi si ritorcerà contro una volta che, qualche anno dopo, verrò effettivamente nominato Addetto Stampa della FIBS: per qualcuno, il neo eletto Presidente Riccardo Fraccari non poteva avermi scelto perché ero effettivamente il profilo che faceva al caso suo, ma dovevo per forza essere una cambiale elettorale.

Le caratteristiche di un Addetto Stampa

C’è un articolo su questo sito nel quale sintetizzo gli eventi che mi portarono a ricoprire il ruolo di Addetto Stampa della FIBS a partire dal gennaio 2002: Io, Addetto Stampa della FIBS. Non serve quindi ripetere quel che ho già scritto. È invece utile sottolineare come all’epoca io avessi al mio attivo oltre 10 anni di contatti con gli Uffici Stampa (nei miei ruoli di cronista e poi responsabile della redazione sportiva e dei notiziari di radio Onda Emilia, di responsabile dei notiziari di Tele Ducato e di Direttore di Teleducato Piacenza), almeno 15 anni di radiocronache di baseball (radio Onda Emilia), un Europeo e un Mondiale seguiti per conto del sito internet Baseball.it. Senza contare che sapevo comunicare adeguatamente in Inglese (il baseball e il softball sono pur sempre sport americani), avevo esperienza di giornalismo scritto (oltre a internet, anni di collaborazione ai quotidiani) e, grazie alla conoscenza dei tempi della cronaca radiofonica e televisiva, potevo essere utilizzato come moderatore di conferenze stampa. In sintesi: ero davvero una buona scelta.
Secondo me, l’Addetto Stampa è un giornalista. Deve dialogare con i giornalisti, quindi conoscere il loro modo di lavorare (o come rendere facile il loro lavoro, partendo dalle informazioni che è interessato a divulgare), sapere cos’è una scadenza (o deadline). È anche un esperto del settore nel quale opera l’organizzazione che sarà chiamato a rappresentare, o almeno lo conosce bene. Più è circoscritto il mondo in cui si muoverà, più questo è vero. I giornalisti con i quali avrà a che fare saranno spesso portati a metterlo alla prova e in diversi casi ambiranno alla sua stessa posizione. Chi fa parte dell’ufficio stampa di una grande azienda, difficilmente sarà messo alla prova. Dovrà comunicare dati molto importanti (come i risultati economici) o gestire situazioni difficili (come quando sarà chiamato a gestire una problematica, in Inglese issue, aziendale). Ma lo farà secondo direttive ben precise del management, dovendo di suo metterci solo una dose ragionevole di professionalità. Per l’Addetto Stampa di una piccola organizzazione, o anche di una organizzazione grande ma che opera in un ambiente circoscritto, mantenere un equilibrio sarà certamente più complicato.
L’Addetto Stampa è anche un uomo delle Pubbliche Relazioni. E attenzione, perché qui si entra in un terreno accidentato. “Pubbliche Relazioni” vuol dire tutto e niente. Ho visto a lungo questo ruolo in una chiave di dare e mai di avere. Per dirla con James Grunig e il suo Managing Public Relations: unidirezionale. Ma in realtà si tratta di un rapporto a 2 vie, perché l’Addetto Stampa si troverà per forza di cose a divenire fonte anche di indiscrezioni e non solo di notizie ufficiali. E a quel punto dovrà per forza di cose accettare il rapporto a 2 vie e i conseguenti consigli sul suo lavoro da parte dei giornalisti del settore. Personalmente, sto comunque con Umberto Eco e rivendico “il mio diritto a una antipatia positiva”. Nel senso che le Pubbliche Relazioni si intendono declinate nell’ambito professionale e non è pensabile chiedere all’Addetto Stampa di essere “il volto sorridente dell’organizzazione” (cit.). Come fa ad esserlo, se si trova a risolvere una controversia?
Chi si occupa di Ufficio Stampa in ambito politico (o, per essere più precisi, dell’Ufficio Stampa di politici) si potrebbe anche trovare nell’imbarazzante situazione di addossarsi responsabilità che sono solo in parte (o magari per niente) sue. Ma qui si vira verso un ruolo diverso da quello di Addetto Stampa o di Incaricato delle Pubbliche Relazioni (o Relazioni Esterne, secondo una terminologia anni ’80 e ’90): quello del Portavoce.

Gli altri articoli di questa serie

Il piano prevede di approfondire i temi che ho accennato qui in altri 8 articoli.
Il prossimo mi servirà per chiarire il perché è necessario che l’Addetto Stampa sia un giornalista. Parlerò poi della differenza di ruolo tra Addetto Stampa, Incaricato delle Pubbliche Relazioni e Portavoce. In questo articolo accennerò alla differenza tra fare comunicazione e fare propaganda e approfondirò il tema del linguaggio da usare. Un articolo ulteriore servirà ad approfondire come si può ottenere visibilità sui media e come nella relazione con gli organi d’informazione l’Addetto Stampa può essere attivo o passivo. Particolarmente delicato, in questi tempi di crisi del settore dell’editoria, è il tema degli spazi a pagamento. Passerò quindi a parlare dell’organizzazione di conferenze stampa ed eventi, attività che impegnano l’Addetto Stampa sia a livello organizzativo che a livello di gestione operativa dell’attività. Il pezzo successivo ci porterà con decisione nel mondo dell’Ufficio Stampa 2.0. La diffusione di Internet, con la sua immediatezza nella divulgazione e i suoi costi limitati, rende più facile per un Ufficio Stampa dedicarsi alla produzione di contenuti. Poi passerò all’utilizzo dei cosiddetti social media, novità relativamente recente (io ho aperto un profilo Facebook nel 2010) ma che ha avuto un peso notevole sul lavoro degli Uffici Stampa. Ovviamente, affronterò il tema delle fake news e degli hoax. Negli ultimi 2 articoli tornerò ad aspetti più strettamente accademici. Nel primo riprenderò il tema di comunicazione e propaganda, affronterò il concetto di immagine e introdurrò quello di verifica delle azioni di Pubbliche Relazioni. Nelle conclusioni tornerò al modello a 2 vie di Grunig e rifletterò sulle critiche che ha ricevuto ultimamente, perché pretende di creare relazioni (per usare la terminologia della Teoria dei Giochi) in una win-win zone.

Una lettura che consiglio

Il Centro di Documentazione Giornalistica ha pubblicato nel 2000 un manuale sugli Uffici Stampa firmato da Vieri Poggiali. Lo trovo ancora oggi un testo fondamentale, soprattutto per chi è interessato a conoscere le dinamiche dell’Ufficio Stampa tradizionale e istituzionale.
Vieri Poggiali è stato responsabile dell’Ufficio Stampa Montedison e Vice Direttore del Sole 24 Ore. Ha insegnato all’Università Cattolica di Milano e presieduto l’INPGI, l’ente di Previdenza dei giornalisti.

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