Ci sono state le elezioni. E adesso?

POLITICA, SCHIROPENSIERO

Le elezioni ci sono state. Ma cosa succede adesso?
La domanda è lecita, perché se è vero che in diversi possono uscire soddisfatti dalle elezioni, nessuno può ragionevolmente dire di aver vinto. Per governare servono alla Camera 316 voti e al Senato 161. Lo dice chiaro la Costituzione (articolo 94): “Il Governo deve avere la fiducia delle 2 Camere”. E la “fiducia” è rappresentata dalla metà dei voti più uno.

Partiamo da chi esce soddisfatto. Matteo Salvini e la Lega Nord crescono da poco più del 4 a oltre il 17%. Il Movimento 5 Stelle e Luigi Di Maio passano dal 15.5 per cento al 32.7 per cento.
Salvini rappresenta la coalizione più forte. Che però non è così forte: alla Camera (almeno, nel momento in cui scrivo) gli mancano 56 voti, al Senato 26. Eppure Salvini sta dicendo che lui “governerà con il centro destra”. Non capisco come.
Di Maio rappresenta chi ha (e largamente) ottenuto più voti. Ma dalla maggioranza è ancora più lontano: 95 voti alla Camera e 49 al Senato.
Di Maio (mi stupisco di me stesso, ma l’ho pensato…) fa un ragionamento molto più sensato di Salvini: “Vogliamo confrontarci in Parlamento”.

Non mi metto a fare conti che tutti i giornali del mondo stanno facendo. Nemmeno mi vado a impelagare nei giudizi sulle dimissioni-non dimissioni di Matteo Renzi da Segretario del PD. Mi limito a prendere in mano l’articolo 92 della Costituzione che, al secondo comma, recita: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”.

Il Presidente Mattarella non ha nessun obbligo. Ragionando a buon senso, avrebbe una sua logica dare un incarico esplorativo alla coalizione che ha ottenuto la maggioranza dei voti (quindi a Salvini, secondo un accordo interno trai partiti, quindi assolutamente non vincolante per il Presidente della Repubblica). Ma ne avrebbe di più darlo a chi ha ottenuto la maggioranza dei voti (quindi Di Maio, che rappresenta il Movimento 5 Stelle).
Ma il Presidente della Repubblica non può permettersi di ragionare a buon senso. Deve muoversi nei limiti che gli dà la Costituzione. Farà le cosiddette consultazioni (che fanno parte della consuetudine, ma non sono previste dalla Carta). E cercherà di capire se, una volta conferito un mandato esplorativo, chi lo otterrà avrà anche qualche speranza di tornare da lui con abbastanza voti (da raccogliere, non scordiamolo, in Parlamento) per far nascere il Governo.

Se nascerà, il nuovo Governo dovrà comunque fare i conti con una certezza: l’Italia ha bisogno di una legge elettorale che garantisca la governabilità.
Sento da molte parti citare la legge con cui si eleggono i Sindaci. In teoria, potrebbe avere un senso. In pratica, confliggerebbe con l’articolo 92 di cui sopra. Perché il Presidente del Consiglio lo “nomina” il Presidente della Repubblica. Non lo “elegge” nessuno.
Personalmente, credo che sia giunto il momento di pensare a una profonda revisione della Costituzione, che preveda l’elezione diretta del Presidente della Repubblica con un legge a doppio turno, sul modello di quella francese. Ma chiudo notando che l’argomento non è mai nemmeno stato accennato. Quindi, probabilmente sono io a non capire qualcosa. Dopo tutto, sono solo un giornalista sportivo di campagna. Che oltretutto, ha votato per il PD…