I 26 dell’atletica hanno eluso i controlli antidoping?

LOTTA AL DOPING

Quando ho iniziato a scrivere della lotta al doping ero convinto che avrei esaurito l’argomento in un unico articolo. Mi sentivo anche un po’ strano. Voglio dire: molti miei amici, con i quali discuto di sport da decenni, tendono a sottovalutare l’argomento e a trattare il doping come un curioso mito. Prendono atto che ci sono casi clamorosi, ma sono sostanzialmente più contenti quando sul piatto della bilancia va una vicenda come quella del povero Pantani, che consente di fare un sacco di confusione. Perchè la verità è che Pantani non è MAI risultato positivo all’antidoping, ma è altrettanto vero che non ci sono dubbi sul fatto che abbia fatto uso della famigerata EPO.

E' questo quel che conta: dire NO al doping
E’ questo quel che conta: dire NO al doping

Se dobbiamo concludere che il problema doping è di scarsa rilevanza perchè i casi di atleti positivi non sono poi molti, siamo clamorosamente fuori strada. Perchè un test negativo ci dice che l’atleta in questione non era positivo quando è stato testato, ma non ci dice nulla sulla storia dell’atleta. E non ci dice nulla sull’eventualità che sia riuscito a eludere i test in momenti in cui sarebbe risultato positivo.
Secondo la Procura Antidoping, è il caso dei 26 azzurri dell’atletica leggera per cui ha chiesto la squalifica per violazione dell’articolo 2.3 delle norme sportive antidoping (appunto: elusione, rifiuto e omissione di  sottoporsi ai prelievi dei campioni biologici).
Questi atleti fanno parte del cosiddetto RTP (Registered Testing Pool), un elenco di sportivi che gareggiano al massimo livello nazionale e internazionale e che possono essere sottoposti a controlli anche fuori dalle competizioni.
L’inserimento nel RTP prevede determinati obblighi a carico degli atleti stessi, la cui inosservanza può comportare l’attivazione di un procedimento disciplinare e concludersi con una sanzione per violazione della normativa antidoping.
Tra gli adempimenti a cui è tenuto l’atleta inserito nel RTP c’è quello di fornire le proprie informazioni sui luoghi di permanenza (o Whereabouts). La non completa e/o corretta compilazione dei Whereabouts può rappresentare violazione della normativa antidoping.
Il CONI-NADO (l’autorità antidoping italiana) ha messo a punto una modalità online per la comunicazione delle informazioni. L’atleta interessato dovrà creare un profilo e aggiornare personalmente le informazioni. E’ possibile scaricare dal sito CONI il manuale per la guida all’utilizzo del software.

Giudico a dir poco incaute le dichiarazioni di chi ha tirato in ballo la competenza di coloro che hanno studiato le procedure e ai limiti del vomitevole l’ennesimo tentativo di annacquare tutto con una presa di responsabilità collettiva che ha l’unico scopo di sminuire la responsabilità personale.
La norma parla chiaro: in questo caso ogni atleta è responsabile individualmente. La Federazione di appartenenza ha come unico obbligo nei confronti dell’atleta quello di comunicargli che è inserito nel RTP. Come minimo, siamo in presenza di violazioni formali.

Sono il primo a sperare che si tratti solo di quello. Ma sono anche il primo a scandalizzarmi per la piega che hanno preso i commenti su questi fatti. Cosa c’entra la crisi dell’atletica leggera in Italia? E’ rilevante che qui in mezzo ci siano nomi celebrati e di possibili concorrenti a medaglie olimpiche?
Io dico di no. Dico che qui è solo rilevante capire se gli atleti coinvolti hanno peccato di distrazione o faciloneria oppure hanno veramente cercato di eludere i controlli antidoping.  Indipendentemente dal cognome che portano e dai trofei che hanno in bacheca.