I diari del 2001: dall’ambientamento in Germania alla sconfitta con la Russia

Diario di un cronista itinerante, FICTION E PROGETTI EDITORIALI

Visto che dei Diari vorrei fare un e-book e possibilmente venderlo, non li riporterò tutti qui. Ma per permettere a chi legge di seguire il filo, intervengo con qualche riga di collegamento, quando salto alcuni episodi. Quindi: vi porto dal 30 luglio al 3 agosto del 2001. Dopo aver litigato con i riduttori, compresi quelli per la connessione a internet, e le tastiere (quelle tedesche hanno caratteri diversi e mancano le lettere accentate), mi appresto a descrivere un’interessante giornata di riposo. Questo è un episodio nel quale la mia filosofia del Diario si esplicita: colgo infatti l’occasione per riflettere sul posto dove sono e sulla sua storia ed emerge quella punta di nostalgia e malinconia che caratterizzerà molti di questi scritti in futuro. Salto anche la prima citazione da una canzone di Paul Weller: Down in a tubestation at midnight. Ma prima o poi ne arriveranno altre. Segnalo ancora che ho deciso di togliere i riferimenti alle partite del giorno dopo, che secondo me rendono difficile seguire il filo conduttore ai lettori.
Segnalo infine che il 31 luglio mi ero cosparso il capo di cenere: mi ero chiesto nei Diari precedenti che fine avesse fatto Aldo Notari, poi avevo scoperto che era tornato a Parma per assistere la moglie malata negli ultimi giorni di vita. Un’altra lezione: prima di fare dell’ironia, accertiamoci di non ferire inutilmente qualcuno…
Ricordate che le frasi in corsivo (ma non in neretto e corsivo
sono state aggiunte oggi). Anche le foto sono aggiunte oggi.

3 agosto Turista per caso

Oggi cominciano i play off. Il torneo entra quindi nel vivo e, contestualmente, si avvicina la sua fine.
Mi dispiacerà lasciare questa zona verdeggiante, che era il cuore amministrativo della Germania Occidentale, quando ancora ne esisteva una Orientale.
Confesso di non essere sicuro di come funzionano le cose oggi. Di certo so che i Ministeri ci sono ancora, perchè incontro quasi tutte le mattine gli impiegati intenti alla pausa cappuccino‘ (uno statale è uno statale anche in Germania….).

Ieri è stata una bellissima giornata, per me.
Premetto che ho deciso per dedicare l’unico giorno libero della mia permanenza tedesca alla cultura. Così mi sono portato a metà mattina (l’altra metà, ebbene sì, l’ho dormita di gusto…finalmente la temperatura lo consentiva) a Bonn, non prima di aver sventato un farneticante tentativo della nazionale ceca di coinvolgermi in un loro allenamento.
In città avevo in programma la visita della Munsterbasilika, la Cattedrale.
L’edificio che la ospita, che raccoglie elementi gotici e romanici, è di estremo interesse, ma l’interno è stato tutto rifatto nel 1800. Onestamente, mi ha preso abbastanza poco. Ho così ringraziato il Parroco Wilfried Schumacher e mi sono portato alla casa di Ludwig Van Beethoven.
Ovviamente, non è necessario aver frequentato il conservatorio, per conoscere il vecchio Ludovico Van. Io sapevo che era nato nel 1700 in Germania, ma che la sua città di origine fosse proprio Bonn, lo ignoravo. La casa dove il grande genio venne alla luce è in una zona nella quale oggi non abita più nessuno: ci sono solo negozi. Cosa che, di fatto, è diventata anche casa sua, dove si vende veramente di tutto, dai cd alle magliette. Più interessante sarebbe presenziare ad uno dei concerti in onore di Beethoven che si tengono nella sala adiacente. Ma il primo c’è il 10 agosto e dubito che ci sia la disponibilità di Baseball.it a lasciarmi qui fino ad allora.
Risalendo la strada pedonale su cui si trova la casa di Beethoven, ho incrociato un locale italiano chiamato La piccola pizzeria. Perchè no? Mi sono così concesso un pranzo che, per la verità, potevo fare martedì prossimo a casa: pizza Parma (col prosciutto cotto, però…BARBARI!), Lambrusco emiliano, tiramisù e caffè espresso. Il tutto all’abbordabilissimo costo di 32 marchi…adesso che ci penso, a casa martedì avrei speso di più.
Durante il pranzo ho risolto il dubbio che avevo, cioè se trascorrere il pomeriggio a Maastricht o ad Aachen. Mi sono detto che una volta a Maastricht, quando avevo assaporato l’emozione di esserci stato, non potevo far altro che tornare indietro. Aachen, per noi Acquisgrana, aveva altre attrattive, essendo stata la capitale del Sacro Romano Impero.
Chi sia Carlo Magno posso dare per scontato che lo sappiate tutti…o meglio, io uno che potrebbe non saperlo lo conosco, ma alla fine della fiera se anche non mi legge non mi preoccupo, anzi.
Era il Natale dell’anno 800 quando Papa Leone Terzo diede all’ex Re dei Franchi la possibilità di chiamare il suo Impero Sacro. Il regno Carolingio era una sorta di antica versione dell’Europa di Maastricht, come estensione. I confini erano assicurati dalle cosiddette marche, paesi cuscinetto.
Carlo Magno, che i bambini italiani conoscono alle elementari come Quello che ha inventato la scuola, divenne dopo la sua morte (arrivata oltre i 70 anni, incredibile per l’epoca) un personaggio di culto quasi maniacale. Per questo oggi sono conservate, come reliquia, parte di un suo polso e la sua calotta cranica. Macabro, eh? Un pochino, dal nostro punto di vista.
Il tutto è in visione nella sala del tesoro, adiacente all’imponente Duomo di Acquisgrana. (costo per la visita, marchi 5)
Dalla stazione alla zona monumentale è una passeggiata. Attenzione solo ad una cosa: se volete vedere il Trono di Carlo, dovete aggregarvi ad una visita guidata (in Tedesco e al costo di marchi 3).
La zona attorno alla Cattedrale e fino al Municipio è bellissima. Si respira la nascita della Cultura (volutamente maiuscola, la C) occidentale, anche se degli originali è rimasto poco, a causa di una serie di incendi e di qualche bombetta anglo americana. Però tanto la Cattedrale (oggi in restauro) che il Municipio (in tedesco Rathaus) sono stati ricostruiti in maniera impeccabile.
Il Municipio guarda sull’imponente piazza del Mercato, dove stazionano centinaia di persone, chi ai tavolini degli immancabili bar, chi semplicemente a zonzo. Non mancate, quando passate di qui, di dare un’occhiata alla Puppenbrunner, la fontana delle marionette.
Il viaggio di ritorno, a parte il tentativo di prendere l’autobus per la stazione in direzione sbagliata, sventato fortunatamente dall’autista, è stato tranquillo.
Da Aachen a Colonia si va in 50 minuti (costo 40 marchi andata e ritorno, mica poco). La DB (Deutsche Bahn) dà un servizio apparentemente impeccabile, ma per i tedeschi E’ sempre in ritardo.
Tenete conto che per un tedesco essere in ritardo è mancare l’orario concordato di un minuto. Qui quando si dà appuntamento ad una ragazza si dice: “Cara, sono a casa tua alle 21 e 23“. E provate ad arrivare ai 25, se avete il coraggio.
La stazione di Colonia mi ha fatto venire un po’ di magone. Era piena di diciottenni con lo zaino sulle spalle e la tessera Inter rail in tasca. Che nostalgia! Se penso che fino a poco tempo fa c’ero anche io….Come dite, che sono passati 20 anni?
Adesso che ci penso, 20 anni non sono pochissimo tempo….

Puppenbrunner, Acquisgrana
Puppenbrunner, Acquisgrana

4 agosto Come sono onesti i tedeschi

Ragazzi, che onore mi fate! Parlate del mio Diario anche nel Forum(si intende quello di Baseball.it). Che onore, ripeto.
Al visitatore che si chiedeva come farà quando finiranno gli Europei, propongo una soluzione: convinca l’editore di Baseball.it a lasciarmi in giro per il mondo tutto l’anno, così che il Diario possa diventare una rubrica fissa. Altra alternativa, non c’è. Potrei anche pubblicare il mio diario personale, ma rischierebbe di essere un po’ noioso…
Uno dei primi giorni vi descrissi il lungo viaggio da Bonn a Colonia come bucolico. Ecco, un altro po’ e ve lo definirei solo lungo. Perchè in effetti non si arriva più e se dovessi tutti i giorni portarmi allo stadio di Colonia, credo che sceglierei una residenza più vicina, rispetto alla periferia di Bonn.
Per ovviare alla lunghezza del viaggio, ho deciso di fare come tutti i tedeschi: mi sono portato un libro. Non so se lo avete notato, ma i lettori da mezzo pubblico (specie diffusissima nelle grandi città come Parigi, Londra o New York) sono molto curiosi sul tipo di libro che sta leggendo il collega del posto di fronte. Oggi, ad esempio, una ragazza che leggeva Hannibal continuava ad allungare il collo per vedere cosa leggevo io. A voi lo dico: mi sono portato in treno Doppio sogno di Schnitzler, il romanzo breve da cui Kubrick ha tratto Eyes wide shut. So che ci sono letture meno da tromboni, ma questo avevo in valigia…
Portare un libro in metropolitana può anche avere delle contro indicazioni. Ad esempio, per ricordarsi di mettere nella borsa che contiene il computer il libro, si può lasciare sul sedile del treno, che so, il telefono cellulare.
Impossibile, dite? Uhm…il vostro cronista si è recato alle 18.30 circa nel primo ufficio della stazione di Bonn che ha trovato aperto per dire che aveva lasciato un telefono sul treno, “quello che terminava qui…ma è ripartito adesso”!
Senza scomporsi, l’impiegato ha chiamato qualcuno: “Si, c’è un Gastfahrer (un viaggiatore straniero…curiosa specificazione; perchè, se ero tedesco cambiava qualcosa?) che ha lasciato lì il telefono…”.
Dopo qualche secondo, l’omino mi ha comunicato la lieta novella: “Trovato! Ritorna con il treno delle 18.45“.
Liberi di non crederci, il mio telefonino è tornato. Sempre liberi di non crederci, prima di ridarmelo l’autista ha voluto sapere di che marca era. Cioè, secondo il suo ragionamento, io ero uno che aveva carpito la conversazione ed arrivava prima del vero proprietario del telefono. O ero uno che, visto il telefono abbandonato, non lo aveva preso direttamente, ma si era inventato tutta la soria per farselo consegnare dalle loro mani. A volte l’umanità mi sorprende e quasi mai lo fa in positivo.
Dopo aver tanto rotto con il caldo, oggi abbiamo preso un bel po’ d’acqua. Mentre i nostri azzurri andavano per aria che era un piacere sui lanci degli spagnoli, io mi riparavo sotto un ombrellone marchiato Motta. Ad un certo punto, sotto l’ombrellone si è presentato Oliver.
Chi è Oliver? E’ un giornalista di Bild che funge da Addetto Stampa del campo di Colonia. Non degnati il sottoscritto e Maurizio Caldarelli (inviato de La Gazzetta dello Sport e futuro collega) di una parola, Oliver ha subito abbracciato e baciato Marina Parola (Addetto Stampa FIBS). Poi ha raccontato una storia piuttosto inverosimile: “Devo fare una trasmissione televisiva sull’Italia e mi servono informazioni. Me le dai, Marina?”.
Vedo che i metodi non cambiano, anche a latitudini diverse. E vi butto lì che Oliver è perlomeno il dodicesimo teutonico che si avvicina a Marina con una scusa di questo genere.
Tra le altre cose, il nostro ha raccontato che pochi mesi fa, in vacanza in Italia, ha dimenticato il cellulare su un taxi e si compiaceva del fatto che glielo avessero restituito. “Mi fa piacere che gli italiani siano così onesti”. Anche a me che lo siano i tedeschi, Olli!
Mentre eravamo in sala stampa (meglio: nel container stampa…) il collega olandese Pim Van Nes ha chiamato dalle 400 alle 600 volte per aggiornarci su Olanda-Croazia. Alla fine, il sollievo: ha vinto l’Olanda. Confermo: ho scritto sollievo. Perchè vi immaginate raccontare di una finale dell’Europeo Italia-Francia, che strazio? Per non parlare poi di una finale Francia-Russia
Battuta senza troppa gloria la Spagna e superato l’incidente del cellulare, sono tornato a Bonn. Avvicinandomi allo stadio Rheinaue sentivo tanti di quei cori Deutschland, Deutschland che come minimo li stavano massacrando, i russi. Arrivo dentro e sono 7-3 per la Russia. Vado al bar a prendere da bere (ormai tattica di ferro: bevo lì, così non devo dare i 2 marchi di cauzione…) e sono 10-4. Cos’abbia la gente da esaltarsi, non si sa.
Comunque vince la Russia e io mi appropinquo alla panchina per intervistare il manager russo (so che l’aggettivo russo si ripete, ma sinceramente non trovo un sinonimo. Quando erano sovietici, era più facile). Dire che sono accolto con simpatia, è perlomeno azzardato. Finalmente mi si avvicina un tizio in divisa che, in un Inglese dall’evidente accento americano, mi informa: “Ti aiuto io”. Il nostro, Bob Protexter, è in effetti americano dell’Iowa.
Caro Bob, i miei complimenti. Perchè un americano che va a fare il coach di baseball in Russia ha davvero un che di eroico.
Sostiene Bild che una setta di derivazione aliena (avete presente il telefilm X-Files? Forse qualcuno lo ha preso troppo sul serio….) si prepara a clonare Hitler. E’ la prima cosa che ho visto oggi. Se il buongiorno si vede dal mattino….
Il primo sabato di agosto é bigio, qui a Bonn. Ogni tanto cade qualche goccia di pioggia. Mi sento giá piú in Germania.

Dopo aver perso con la Russia, l’Olanda (Campione d’Europa in carica, che aveva il giovanissimo manager Rob Eenhoorn all’esordio) rischiò di essere eliminata dalla Croazia. Se la cavò, ma in quel momento sembrava che l’Italia avesse la strada spianata verso la vittoria. Come leggerete nel prossimo diario, non andò proprio così…

 5 agosto C’è poco da ridere…

Sono distrutto. Psicologicamente, intendo. Perchè fisicamente, va detto, la vita dell’inviato di sport è ancora alla mia portata, nonostante l’età che avanza. Compio gli anni sabato prossimo, a proposito. Sono distrutto psicologicamente per questa mia dichiarazione: “Secondo me, va a finire che l’Italia arriva terza. Ci batte la Russia”.
Lo dissi verso il mese di maggio, impressionato dalle prestazioni della Russia durante la sua tournèe americana. Ma lo dissi provocatoriamente. Mica ci credevo sul serio, che i russi ci avrebbero battuti. I russi, quelli che all’Europeo del 1999 erano rimasti senza mazze. Quelli che hanno un lanciatore che viene dal giavellotto e ha iniziato a giocare a baseball a 25 anni. Proprio lui: Rinat Makhmoutov. Oggi sembrava un mostro: “Ma non sarà mica stato Nolan Ryan!” mi ha detto un azzurro appena finita la partita. Infatti, no. Ma lo dico io a voi, ragazzi. Cosa è successo? Perchè va bene che Rinat abbia lanciato la gara della vita (3 giorni prima aveva preso una selva di legnate dalla Spagna, che le palline sono ancora lì che fischiano, per la cronaca…) ma battergli solo UNA valida in 6 riprese e un terzo è veramente clamoroso.
Questa e altre domande inquietanti mi giravano per la mente, mentre percorrevo i pochi metri che seperavano la mia postazione dalla panchina dell’Italia. Quando ho visto che aria tirava, sono però andato sul cauto. Lisio guardava nel vuoto. La Fera sembrava una statua di sale. Marchesano aveva l’espressione di una a cui tra un po’ dicono che era uno scherzo e in finale ci va lo stesso…e potrei continuare.
Mi sono avvicinato così a Babbo Davenport, che aveva le lacrime agli occhi. E a me dispiace davvero, per questo gentiluomo del Vecchio Sud (degli USA, ovvio) che ha messo in parte a rischio un nome quasi leggendario per venire ad allenare l’Italia e subisce questa delusione. Non lo meritava. Ci poteva fare anche poco, poi. Perchè l’Italia in base non ci è arrivata mai.
Dall’altra parte invece si respirava l’impresa. Il solito Protexter mi ha presentato Makhmoutov, che ha 35 anni e ne dimostra 10 di meno. Non alto, per essere un lanciatore, ma tonico, mi ha stretto la mano in maniera vigorosa tra le sue, quando gli ho detto “congratulations”. Lui parla solo russo, ma evidentemente uno che ti allunga la mano e sorride non ha troppo bisogno di parlare per farsi capire.
Adesso come la mettiamo, con il fatto che per me questa è stata una bellissima settimana? Ovviamente, non posso dirlo. O meglio, a ben pensarci, posso dire che “E’ stata una bellissima settimana a parte le 2 giornate di sabato“.
Il 28 luglio, quando mi hanno perso la valigia (che chiarirò: mi è stata recapitata, ho di che vestirmi…grazie per l’interessamento). Il 4 agosto, quando l’Italia ha perso contro la Russia. Cosa volete che sia, era solo dal 1957 che non mancavamo la finale di un Europeo. Non solo non ero nato, a quell’epoca, ma i miei genitori dovevano ancora conoscersi…
Sono anche preoccupato per un’altra questione: non è che qualcuno convince lo staff azzurro che io porto male e mi lasciano a casa dai prossimi eventi, a cominciare dai Mondiali di Taiwan? (Per quest’ultima dichiarazione, ricevetti una piccata e mail dall’editore di Baseball.it che recitava, più o meno: “Se andrai a Taiwan lo decidiamo noi, mica lo staff azzurro”)
Oggi qui a Bonn (ma io per la verità sono in una frazione che si chiama Feiersdorf) c’è stato tempo variabile. Quelle classiche giornate che ti vesti e ti svesti ogni 3 secondi.
Allo stadio Rheinaue hanno pensato bene di smontare la tribuna stampa, già piccolina, che c’era i primi giorni. Esigenze della Televisie olandese, che fra l’altro mi ha dedicato una serie di primi piani mentre scrivevo. Chissà, se piaccio magari mi fanno fare una fiction
Comunque, i giornalisti adesso non si sa dove devono mettersi. Personalmente ho dedotto che andasse bene una sorta di tendone modello Camping, anche perchè li sotto almeno non pioveva. Non fortissimo, diciamo. C’era però un’altra difficoltà: il signor Hoffman dell’antidoping. Per descrivervelo, dirò che è una sorta di Schwarzenegger accorciato. Minaccioso, quindi. Voi cosa fate se uno così vi si mette davanti? Niente, naturale. Vi chiederete in compenso perchè vi si dovrebbe mettere davanti. Ma per sorteggiare i nomi dei 2 giocatori su cui fare il test, per che altro? Hoffman e la sua assistente hanno preparato dei bigliettini con i numeri dei giocatori, li hanno deposti in 2 cappellini portati alla bisogna e poi hanno effettuato il sorteggio. Tutto questo, ovviamente, mentre si giocava. Inoltre, il nostro ha dovuto spiegare non meno di 4 volte la procedura. Come se non bastasse, infine, una delle squadre ha consegnato una lista di cui faceva parte un giocatore che era già tornato a casa. Cosa fare, se viene pescato proprio lui? Se ne pesca un altro? Manco per idea…Alla fine hanno creduto che il giocatore era veramente tornato a casa e hanno eliminato il suo numero, ma quanta fatica. Oggi è anche andata malissimo dal punto di vista dei pasti. Dal punto di vista del bilancio di Baseball.it, è andata benissimo, in compenso.
Sto anche cercando di capire cosa fanno esattamente qui al Gustav Stresemann Institut. Il portiere di notte, l’ho beccato. Fa il mollicone con tutte le dipendenti. Ma io dico gli ospiti, a parte quelli che giocano a baseball. C’è un sacco di gente, altra ne continua ad arrivare, ma l’occupazione maestra sembra sia stare a chiacchierare sotto la finestra della mia camera quando dormo. E’ un luogo talmente frequentato, che ieri quando mi sono svestito ho sentito un applauso. Era di alcune studentesse, che avevano visto la scena. Cosa dite, voi? Secondo me l’applauso ne aveva dell’ironico

6 agosto Ultimo giorno bagnato

Quanta acqua, abbiamo preso a Colonia.
La partita tra Italia e Francia é iniziata con 40 minuti di ritardo. In un certo senso, meno male. Non avevo calcolato che fosse domenica e quando mi sono presentato alla fermata della U Bahn ho avuto un’amara sorpresa. La linea 16, contrassegnata dalla K di Köln, non si sarebbe presentata prima di un’ora. Fatti 2 conti, era ovvio che sarei arrivato in ritardo.
Come detto, peró, la pioggia mi ha salvato. Prima di bagnarmi indecentemente, ovvio.
Qui in Germania si sono illusi per qualche giorno di sole e adesso pensano che non pioverá piú. Cosí gli unici ripari per la pioggia sono i soliti ombrelloni marchiati Motta di cui vi ho giá parlato. Giá, ma se un ombrellone nasce per riparare dal sole, me lo spiegate perché dovrebbe riparare bene anche dalla pioggia? Infatti, non lo fa.
Quando gli elementi si sono proprio scatenati, ho battuto in ritirata verso il solito container per la stampa. Volevo mettermi avanti con il lavoro, ma la connessione ad Internet era interrotta. Una volta avrei fatto tutto a biro, tanto poi il pezzo andava dettato. Oggi, non si puó. O meglio, si potrebbe anche. Peró non si fa. Non pensate ad una situazione tipo Hal 9000 in 2001 Odissea nello Spazio, ma oggi i giornalisti dipendono veramente tanto dalla tecnologia.
Una sospensione per pioggia qua e una lá, alla fine ci siamo comunque arrivati.
La finale di Bonn, intanto, era iniziata. L’Olanda vince 2-0 ha confermato qualcuno dell’organizzazione. Emergendo da un hamburger, un azzurro ha bofonchiato: “Non siamo interessati.”.
Lo spirito non era granché, neanche oggi. Ci mancherebbe che gli azzurri fossero contenti.
Se vedessero i vostri commenti, lo sarebbero anche meno. Ho ricevuto un paio di messaggi molto pepati sulla questione oriundi, che riprenderó nel punto di domani. Per ora posso dire questo: ogni azzurro ha dato il massimo. E’ ingeneroso affermare il contrario. Anche allo staff tecnico si puó rimproverare poco, forse nulla.
Il problema non sono gli oriundi. Il problema é che il meglio del nostro baseball (perché su questo non ci sono dubbi) é a rischio di sconfitta contro la Russia. Se serve da consolazione, lo é anche il meglio del baseball olandese. Non é una consolazione, lo so. E’ peró lo spunto per porsi una domanda: sono gli altri che crescono o siamo noi che caliamo? Scrivetemi pure le risposte, perché da domani saró nella condizione di contattarvi personalmente.
Tornando a noi, per avere qualche speranza di vedere almeno un pezzo di finale ho chiesto alla Francia un passaggio. Il manager Coste mi ha accontentato. Spettacolari i giocatori, che ad uno ad uno sono andati a chiedere al Capo Delegazione: “Non eravamo in 34, sull’autobus? Qui ne contiamo 35…”.
Felice per il passaggio datomi dai miei amici e compagni d’albergo lo sono rimasto per poco. Fino a quando il loro autista creolo Daniel mi ha chiesto “Vado bene, di qua?”. Il suo di qua era la direzione Düsseldorf. Mi ha preso il panico. Prima l’ho sviato, poi sono caduto nel mutismo.
Mi ha risvegliato il lanciatore Cazanobes chiedendomi: “Secondo te, facciamo in tempo a fare la doccia prima della premiazione?” Secondo me? No, caro Cazanobes.
I francesi, come gli azzurri, sono infatti arrivati alla chetichella quando la premiazione stava per iniziare. Come avvoltoi, i giornalisti olandesi erano tutti lí che speravano che i nostri non si presentassero polemicamente. Invece gli italiani sono arrivati, dignitosi e in fila indiana. Oltretutto, nelle tute da riposo i nostri erano largamente i piú eleganti del lotto. Conta niente, ma meritava una citazione.
E’ quasi ora di salutare anche Bonn, dopo Colonia. Adesso che ci faccio caso, il terreno su cui é stato sistemato il container per la stampa é in realtá un campo da softball.
Auguri, ragazzi dell’organizzazione. Fare le pulizie non sará mica un compito dei piú agevoli. Siete comunque stati veramente eccezionali. Nessuno di voi legge l’Italiano, ma ve lo dovevo.

7 agosto Casa dolce casa

Imegin ol de pipol, livin laif end piis…o-o-o-o…Cos’ha da cantare John Lennon alle 5.30?
Cavolo, la mia sveglia! L’ultimo giorno tedesco inizia molto presto. Ho prenotato un taxi per le 6, la sera prima. Il volo Lufthansa infatti mi aspetta alle 7.15, per riportarmi a Malpenza, come dicono da queste parti. Ricorderete che mi definii poco lucido una mattina alle 8. Figuriamoci alle 6. Ho infilato una serie di danni strepitosi: prima ho cercato di andarmene senza saldare il conto dei miei extra all’albergo, poi quando l’autista del taxi (che batteva l’autostrada ai 170 e mi ha esibito un conto di 66 marchi, alla fine…) mi ha chiesto a che compagnia dovevo andare gli ho risposto Flughafen, che in tedesco significa aeroporto. A Milano non mi ero ancora ripreso e ho lasciato il telefonino sull’aereo. Forse anche a causa di un improbabile panino comminatomi per colazione: sottiletta extra Kraft, foglia di insalata e cetriolo traditore, che è ancora qui che mi va su e giù. O forse era lo chock per il cappuccino più caro del mondo, bevuto all’aeroporto: marchi 5.10!!!
Crederete che io faccia apposta, invece sono fatto proprio così. Strano che sia sopravvissuto, a Bonn, direte….Ma quando prendo il ritmo, poi vado bene. Come certi lanciatori.
Ho lasciato la Germania con una giornata bigia che di più non si può. A Milano le cose vanno meglio.
La vita riprende da dove si era interrotta, con gli stessi dubbi e le stesse (poche) certezze. Gli stessi desideri (sia quelli confessabili che quelli che fanno nascere altri dubbi) e gli stessi doveri.
Devo rispondere alle vostre e-mail, ad esempio. L’ho detto e lo farò: scriverò a tutti. Vi ringrazio ancora per il sostegno che mi avete dato. E voglio dire con orgoglio una cosa: non credo che la nazionale abbia mai avuto una copertura così dettagliata. Cosa ne dite?
Scalogna ha voluto che questo sia accaduto proprio in un torneo perduto malamente, però volete mettere che interesse si può creare, coprendo così (o anche meglio, per carità) un Mondiale o un’Olimpiade in cui l’Italia si fa onore?

Come mio solito, del viaggio mi restano ricordi e nuove amicizie.
Daniela dell’ufficio stampa, ad esempio. Temo di essere stato il suo peggior problema del 2001, eppure mi ha salutato con un sorriso. Con gli altri ragazzi mi ha persino fatto un regalo, una maglietta che mi sarà molto cara.
Don Sutton, il simpaticissimo inviato di Deutsche Press. Americano di 52 anni, è arrivato in Germania nel 1978 per rimanerci 6 mesi. Poi ha conosciuto una tedesca. Si è quasi commosso a sapere che lo stesso era successo a Sheldon e Newman in Italia.
Guillaume Coste, l’allenatore della Francia. Dopo una settimana, ci mancava poco che mi facesse mettere in divisa come i suoi.
Bob Protexter, il coach americano della Russia. Senza di lui, non avrei potuto avvicinarmi a giocatori ed allenatori dell’Est.
Rinat Makhmutov, il giustiziere dell’Italia. Non so se hai letto quella frase: “Carneade, chi era costui…”. Ma sembra scritta per te.
Infine, un pensiero per Jim Davenport, il manager dell’Italia. I suoi occhi lucidi alla fine della partita con la Russia mi hanno molto colpito. Spero che ti verrà data un’altra opportunità, Davey, per dimostrare con il tuo staff che puoi dare veramente una mano al baseball italiano.