I volti amici di Taiwan

Asia Series 2013, BASEBALL

Chissà perché quando torno da un viaggio abbastanza lungo mi viene la vena malinconica e ricordo tutti i piccoli gesti che ho fatto prima di partire. Per dire: appena sono entrato in casa, ho ripensato che l’ultima cosa che avevo fatto prima di uscire era stato mettere l’auricolare del cellulare in un certo posto. Sarà l’età che avanza….

Oggi voglio parlare dei volti amici di Taiwan.
Con la premessa, me la tirerò un po’. Io sono sempre stato abituato a non aver problemi a comunicare. Certo, c’era stato il primo approccio in Turchia nel 1985, di cui parlo nel recente diario da Istanbul. Ma era stato un episodio curioso. O in Inglese o in Tedesco, o anche in Italiano, in Turchia ci si spiegava. A parte l’Italiano, l’Inglese e il Tedesco, io mi spiego anche in Francese (che ho studiato a scuola; non sarò mai abbastanza grato alla Mirella e Arnaldo, i miei genitori, che hanno incoraggiato questa mia attitudine) e anche nel mio Spagnolo da battaglia (che ho imparato sul campo, in Spagna e in America Latina). Bene o male ci copri tutto il mondo. Bene o male, perché Taiwan resta fuori. Non perché ci sia poca gente che parla una di queste lingue,  ma soprattutto perché chi le parla non è detto che capisca voi quando parlate. Ricordo il mio tragico arrivo nel 2001. L’Italia era in campo, io non avevo l’accredito (problema ricorrente…), l’allora addetto stampa della IBAF Enzo Di Gesù non mi rispondeva al telefono (avrei capito come mai, dopo aver sentito con le mie orecche il tifo di quelle parti…). E soprattutto, l’autista del taxi mi guardava come se fossi un idiota, quando tentavo di dirgli Hotel FortunaFor-tu-naFoltunaForciun. Finchè presi il cellulare, chiamai l’albergo e dissi al tizio che mi aveva risposto di spiegare al taxista dove cavolo fosse l’hotel.
Ecco, questa premessa con cui me la sono tirata, era per dire che a Taiwan avete particolarmente bisogno di qualcuno che vi dia una mano a comunicare. Questo a meno che non vogliate vivere chiusi in albergo.
Non so se ricordate il fim Un anno vissuto pericolosamente (di Peter Weir), nel quale Mel Gibson interpreta il giornalista australiano Guy Hamilton, a Giacarta poco prima della Guerra Civile. Gibson/Hamilton ottiene lo scoop che gli altri giornalisti più famosi da lui, che non si muovono dall’albergo e lavorano al telefono, non riescono a ottenere perché si affida al suo operatore Billy Kwan (nella finzione, curiosamente interpretato da Linda Hunt), che lo aiuta a vivere l’Oriente.

schiro e valeria
Con Valeria nel 2010

La prima citazione, tra i volti amici di Taiwan, va naturalmente a Valeria. O meglio, Kan Chien Tu, come si chiamerebbe in cinese. Penso che dal 2010 a oggi, Valeria abbia accompagnato un po’ tutte le rappresentative italiane che si sono recate a Taiwan. Si esprime piuttosto bene in Italiano, ma non sono affatto convinto che capisca bene quando le si parla. Infatti, quando partecipa a un dialogo con più di un Italiano, la si può notare mentre si spegne e poco a poco e assume un’espressione sconfortata. Il che è anche meglio, sotto certi punti di vista. Perché Valeria (25 anni) è piuttosto carina e i gruppi di maschi italiani non si sa bene cosa possano dire, in presenza di una ragazza carina e che deve starli a sentire per forza. In questo senso, è probabile che il suo compito più agevole sia stato quello di accompagnare l’Under 12.
Parlando di interpreti, nella mia memoria rimarrà sempre il leggendario Cesare del Mondiale 2007. Soprattutto perché a fronte della domanda “Cesare, con tutte queste richieste ti stiamo rompendo i coglioni?” rispose con un laconico ma meraviglioso: “Sì”.

La seconda citazione la devo fare per Jason Pan, un giornalista del Taipei Times che si occupa di cronaca, vorrebbe tanto scrivere di baseball, ma lo fanno scrivere solo di cronaca. E allora, lui si è inventato il ruolo di corrispondente da Taiwan per il sottoscritto. Io pensavo che Jason fosse un ragazzo giovane, invece ha un anno più di me. Quando mi ha visto, mi ha detto: “Non credevo fossi così giovane”. Grande, Jason.
Trovo esaltante che sul suo biglietto da visita abbia fatto scrivere Jason Giambi Pan. Sarebbe stato (come dice un mio collega di cui non farò il nome) un vero idolo se avesse adottato come nome occidentale Peter, però anche Jason Giambi convince.
Jason Pan parla molto bene Inglese, il che però rappresenta a volte un problema, visto che non tace mai.
E’ però gentilissimo. Mi ha regalato il primo giorno una confezione di The taiwanese. Il secondo una confezione di dolcetti taiwanesi. Poi gli ho detto “Basta, grazie”, perché la capacità di carico della China Airlines è limitata.

James della CTBA ha preso atto con stupore, quasi con dolore, della mia richiesta di downgrade da VIP a giornalista (nelle sale VIP ti davano anche da mangiare, ma non funzionava internet), salvo poi interpretarla in maniera estensiva: “Non è che, visto che vuoi sempre rientrare per ultimo, prenderesti il pullman dei volontari?”.
Sul pullman ero nettamente il più vecchio e l’unico maschio, assieme a Fox (a questo punto, la prossima volta che torno a Taiwan, uno lo convinco a farsi chiamare Luizi), una sorta di capo dei volontari e aspirante scout. Che ha rischiato anche una rispostaccia quando, assente Valeria che accompagnava il Bologna all’aeroporto, mi si è rivolto così: “Chi è la tua Baby Sitter, questa sera?”.
Con Fox operava Justin, il cinese con il miglior accento in Inglese che io abbia mai incontrato. Ma a parte questa non indifferente qualità, sembrava che il suo unico scopo fosse parlare con l’autista. Che in effetti, parlava tanto, ma io di quel che diceva capivo solo Itàli (lo dicono così, con l’accento sulla “a” come noi, ma senza la “a” finale).

Infine, una doverosa citazione va fatta a Richard o Boston (ufficialmente è Richard, ma nel suo indirizzo e mail c’è Boston e quasi tutti lo chiamano così…), altro esponente della CTBA. Un personaggio eroico: è l’unico abitante di Taiwan palesemente sovrappeso che io ricordi.