Infortunato Pedroia, Price non rientra: è un inizio faticoso per i Red Sox

BASEBALL

Non avevo neanche finito di dire che, con il rientro di Bradley, i Red Sox avevano finalmente la formazione al completo. Giovedì Bogaerts si è schiacciato il pollice e venerdì si è infortunato Pedroia ha preso una scarpata di Manny Machado al ginocchio ed è uscito zoppicante dal campo. Inoltre, Holt ha sofferto di vertigini ed è finito a sua volta in lista infortuni.

Dustin Pedroia esce dal campo dopo lo scontro con Machado

Mentre scrivo, guardo la classifica dell’American League Est e vedo che Baltimora ha 11 vittorie e 4 sconfitte, gli altri (mi è stato vietato da Gianluca Magnani di scrivere nomi che iniziano per Y e finiscono per ankees…) sono 106 e i Red Sox seguono con 107. Diciamo questo: 162-17 fa 145 e si tratta certamente di un numero di partite così alto da farmi dire che è per ora inutile guardare la classifica. Però le prossime 2 partite (questa notte Wright contro Aquino e domenica sera Eduardo Rodriguez contro Gausman) a Camden Yards contro gli Orioles sarà comunque il caso di vincerle.

Anche questa notte i Red Sox hanno faticato tremendamente a segnare punti. In totale sono rimasti in base 20 corridori e ben 6 li ha lasciati Benintendi. Al momento di produrre sono purtroppo mancati anche Betts (4 rimasti in base), Moreland e Pedroia (3). Così agli Itteri sono bastati un singolo di Adam Jones al terzo e un fuoricampo di Machado al quinto (entrambi contro Pomeranz; dal bull pen sono usciti Kelly e Abad e non han concesso punti) per vincere.
Parlo di Itteri perché il Baltimore Oriole in Italiano è l’Ittero di Baltimora (Icterus galbula), uccello passeriforme della famiglia degli Itteridi (perché giallognoli), diffusa nel solo continente americano.
Non è l’unico beccacciotto della Lega, visto che a Toronto ci sono i Blue Jays (Cyanocitta cristata), variante americana della Ghiandaia. A loro volta le Ghiandaie blu sono passeriformi, ma della famiglia dei Corvidi. In verità, la ghiandaia marrone europea è imparentata con la gazza ladra, non così la ghiandaia blu.
Finisco qui la lezione di ornitologia, che potrei effettivamente riprendere in occasione delle partite con i Cardinals di St. Louis.

Delle 3 stelle del monte, una sta lanciando sotto le aspettative (Porcello) e una è lontana dal rientro. David Price ha utilizzato tutto il suo repertorio in una seduta di bull pen da 30 lanci venerdì, ma le cose non stanno andando come si sperava. Il giocatore rilascia dichiarazioni sibilline (“non è stata una mia idea, quella di provare la riabilitazione…”) e non esclude l’intervento chirurgico (“se è necessario, lo scopriremo presto”) che chiuderebbe la sua stagione e, forse, la sua carriera ai Red Sox. Il suo rientro non avverrà comunque prima di fine maggio.
Per fortuna che c’è Chris Sale a consolarci. Le sue prestazioni sono assolutamente fantastiche. Con quella di giovedì, è arrivato a 3 partite consecutive con 10 o più strike out all’attivo (in carriera le partite sono 38). Giovedì ha completato 8 inning con poco più di 100 lanci e tutti ci aspettavamo che tornasse sul monte al nono. Ma, in vantaggio 1-0, Farrell ha pensato di chiamare il closer Kimbrel. Che ha concesso un fuoricampo a Morales e ha dovuto lanciare anche il decimo per vincere.
Gianluca Magnani ribadisce: “Io e lui” inteso come Craig Kimbrel “Non ci capiamo”.

Con Magnani è inevitabilmente iniziato il confronto su: “Ma tu, perché sei diventato tifoso dei Red Sox“.
Entrambi siamo fan dalle World Series del 1986. Io (a 23 anni ascoltavo per radio…) perché mi incuriosiva il fatto che un lanciatore di Major League si chiamasse Schiraldi. Lui (sedicenne) perché si era trovato a casa di un amico che (invidia postuma) aveva la possibilità di ricevere la TV delle Forze Armate americane. Entrambi abbiamo capito che saremmo stati per sempre membri della Red Sox Nation quando in gara 6 (dopo che Boston era stato per 2 volte a uno strike dall’interrompere la celebre Course di Babe Ruth) una battuta di Mookie Wilson è passata sotto il guanto di Bill Buckner e ha dato la vittoria ai Mets di New York, portando la serie alla settima partita.
Ricordandolo, mi sono andato a cercare il celebre pezzo di telecronaca di Vin Scully.

Dopo aver descritto l’azione, Scully dà una vera e propria lezione di come si fa il telecronista (che non è uno showman…). Lascia infatti 3 minuti di silenzio. Commentando poi così: “Se un’immagine equivale a 1000 parole, avete appena visto un milione di parole….”.
A chi sostiene che Vin Scully è un veeeecchioooooo dico: guarda e impara.

Nella settimana di 2 colpi di genio di altrettante superstar (Starling Marte dei Pirates sospeso per 80 partite perché positivo al nandrolone e Madison Bumgarner dei Giants fuori per almeno 6 settimane a causa di un incidente mentre faceva motocross), voglio fare un omaggio a un ex Red Sox (stagione 2013): Ryan Dempster.
Come tutti, mi ero chiesto perché si sia dovuto far compatire a quasi 40 anni al World Baseball Classic, rientrando dopo 3 anni che non lanciava per sommare 2 presenze da partente (contro Repubblica Dominicana e Stati Uniti) per il Canada e assommando 2.1 riprese lanciate, 83 lanci, 9 valide, 3 basi e 7 punti guadagnati. Poi ho letto le sue dichiarazioni: “Purtroppo la mia mente mi diceva che potevo farcela, ma il mio corpo ha risposto di no. Comunque, questo ha fatto aumentare la mia consapevolezza di quanto questo gioco sia difficile e cresce la soddisfazione per i risultati che ho ottenuto nella mia carriera”.
Ryan Dempster ha una figlia (Riley) affetta da una rarissima malattia genetica detta DiGeorge syndrome. Ma sa di essere comunque un uomo fortunato e non ha perso la voglia di scherzare. Oggi è dirigente dei Cubs (per i quali ha giocato dal 2004 al 2012) e sta facendo divertire tutti per una spettacolare imitazione di Harry Caray (al secolo Harry Christopher Carabina, 19141998, per 16 anni la voce di Wrigley Field a Chicago dopo che per 10 lo era stato per i rivali cittadini White Sox). Guardate il video clickando sotto.

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