Io, giornalista di baseball

FICTION E PROGETTI EDITORIALI, Il praticante, SCHIROPENSIERO

Tra i vari progetti che ho, c’è quello di un romanzo dal titolo “Il praticante” e che dovrebbe raccontare dell’accesso alla professione di giornalista. Almeno, del mio punto di vista sull’argomento.
Io, quando mi metto a scrivere qualcosa di impegnativo come un romanzo, ho già chiaro nella mia testa lo sviluppo. In questo caso, non l’ho ancora chiaro. Quindi ho pensato di raccogliere tutto il materiale autobiografico in una serie di pezzi per questo sito. Che, ovviamente, non hanno nessuna ambizione di fungere da scaletta per il romanzo che verrà.
Il primo (ma mentre lo scrivevo, ancora non lo sapevo) è quello sulla mia vocazione di radio e telecronista. Il secondo è questo.

Il primo giorno in cui mi sono sentito un giornalista di baseball era il 1985. Aldo Notari accettava di concedermi un’intervista sulla sua recente elezione a Presidente della FIBS e mi dava appuntamento all’hotel Milano.
Ci sono passato l’altro giorno, dall’hotel Milano. E non c’è più l’hotel Milano. C’è un ufficio dell’Arpa (l’Agenzia per l’Ambiente della Regione). Siamo a Parma, per la cronaca, quindi in Emilia Romagna.
Il ricordo che ho dell’hotel Milano è di un posto piuttosto buio e decadente. Ma forse c’era buio perché era inverno. E in Valle Padana (che è una cosa diversa dalla Padania…) d’inverno c’è di solito parecchio buio, anche nelle ore di luce.
Aldo Notari aveva poco più di 50 anni e io ne avevo poco più di 20. Quando mi vide, non nascose la sorpresa. Mentre al telefono mi aveva dato del lei (la mia voce baritonale lo aveva indotto a pensare a un uomo più anziano, visto che evidentemente non conosceva il mio cognome). Notari era forte perché era territoriale come gli squali. Abitava in via Bottego, a un passo dalla stazione ferroviaria. Lavorava all’ENEL dall’altra parte della strada, riceveva le persone all’hotel Milano (per raggiungerlo, dall’ENEL doveva riattraversare la strada) ed era Presidente della società che giocava nello stadio per il quale doveva attraversare il Ponte Bottego (oggi Ponte delle Nazioni, con tutte le bandiere e 4 corsie; originariamente, ne aveva 2. Genialmente, in un primo stralcio di lavori avvenuti un paio d’anni prima di quella intervista, ne avevano aggiunta una terza. La quarta data ventunesimo secolo) e camminare per 200 metri.
Oggi non ci sono più né l’Enel, né l’hotel Milano e nemmeno lo stadio. C’è ancora la stazione, ma sta cambiando decisamente volto. L’unica cosa che è rimasta uguale, è l’approccio di Noi del baseball.

Non ci crederete, ma in quella prima intervista fatta a Notari gli chiesi se aveva intenzione di fare la Lega delle società. Notari (non ancora Notorius; sarebbe uscito solo un annetto dopo il disco dei Duran Duran) mi rispose con una delle sue frasi preferite: “La domanda è mal posta”. Che se vogliamo, aveva anche ragione, perché la Lega delle società la dovranno pur fare le società, piuttosto che la Federazione. Ma di certo, se fossi stato un giornalista più esperto, non si sarebbe permesso di rispondermi così. E quando divenni un giornalista più esperto, di fronte a una risposta del genere gli dissi in diretta radio che non aveva nessun diritto di comportarsi da padrone del baseball e lo feci tacere. Allora la considerai una gran vittoria, ma più tardi avrei imparato che è solo questione di testosterone. I maschi giovani ne producono più di quelli maturi e tendono a prevaricarli. Non c’è nessun merito, è solo la natura che fa il suo corso. E comunque, Notari non mi disse cosa ne pensava della Lega. Ricordo però che quella risposta decretò la fine della prima parte dell’intervista.
Torniamo all’intervista. Ricordo che le risposte che Notari dava più volentieri erano: “Me lo chiedono le società” e  “Me lo impone il CONI”.  Il fatto che qualcosa glielo imponesse il CONI, è probabile. Ma è probabile nel 1985, visto che la sua elezione aveva chiuso un periodo di Commissariamento della FIBS. Per Notari “Me lo impone il CONI” sarà una parola d’ordine fino al 2000, anno in cui perderà rovinosamente le elezioni. Rovinosamente e incredibilmente, visto che di fatto non aveva contro un progetto, ma una marea di chiacchiere.
Ero già un giornalista fatto (con tanto di esame da professionista superato), nel 2000. Partecipai alla presentazione del programma del candidato Presidente FIBS Everardo Dalla Noce, che si svolse a Parma (impertinenti!), presso un auditorium del Campus Universitario, in casa quindi del Parma baseball (allora CUS). Partecipai anche alla cena della cordata per Dalla Noce (una cosa che oggi non farei nemmeno sotto tortura: un giornalista non è parte delle storie che racconta). Dalla Noce mi disse, fumando un sigaro (è passato così tanto tempo: allora si fumava ancora nel locali pubblici): “Se vinco, sono contento. Ma se perdo, sono ancora più contento”.
Il Presidente del Rimini Zangheri accusò pubblicamente Notari di non avergli “Dato i soldi per fare la Lega”. Io presi la parola e chiesi a Zangheri: “Ma scusi, perché mai la Federazione avrebbe dovuto darle i soldi per creare una Lega delle società”. Zangheri non rispose. In compenso, il giorno dopo mi chiamò Notari.
Ho avuto parecchie volte il privilegio di essere convocato nell’ufficio con poltrone di pelle umana (quando glielo dicevo, Notari si arrabbiava come una vipera) allo stadio. Ma al telefono il Mega (copyright di Sandro Rizzi) si sentiva relativamente poco e il più delle volte ti doveva comunicare qualcosa che aveva già deciso. Ma quella volta, mi disse: “Dì, ma non sarà mica vero che stai dalla mia parte?”.
Per chiarirgli le idee, scrissi un articolo su Baseball.it (non lo trovo più, nemmeno on line) con il titolo: “Tra Notari e Dalla Noce, scelgo Beneck”.  Nel quale dicevo che, lette le proposte, forse era meglio dare spazio all’ex Presidente (Bruno Beneck, appunto), che in fondo era stato riabilitato dalle infamanti accuse per le quali era stato costretto a dimettersi nell’estate del 1984.
Io avevo fatto una cosa inaudita, in confronto a quel che fa buona parte dell’informazione sul baseball (parlo di quella on line) di oggi: avevo parlato con Beneck e con Notari. Con Dalla Noce, no. Perché era furioso e in quel momento non mi voleva parlare. Pensate che differenza di livello di informazione: avevo dato la parola ai diretti interessati (ero, insomma, andato alla fonte), anziché fare ipotesi non suffragate dai fatti e presentarle come vere o sputare sentenze scoprendo l’acqua calda, tiepida e pure corrente, come fanno certi geniali editorialisti all’amatriciana che leggo oggi.

Come detto, Notari perse. Era accusato (da me per primo) di non pensare alla comunicazione e

Con Aldo Notati al Mondiale IBAF 2001
Con Aldo Notati al Mondiale IBAF 2001

al marketing. Aveva fatto un disastro con il massimo campionato, provando tutte le formule possibili e immaginabili dopo il passaggio ai play off (1986), che si era rivelato di suo un gran successo. Prima 20 squadre (dramma), poi A1 e A2: sempre 20 squadre, ma divise in 2 gironi da 10. Come nel basket, dalla A2 si poteva teoricamente arrivare a vincere il titolo. E il Verona arrivò in finale nel 1991, partendo dalla A2. Ma sul finire degli anni ’90, c’erano stati campionati a 9 squadre. In un caso, addirittura con il ritiro del Torino in corso d’opera. L’Ufficio Stampa FIBS (che inviava i tabellini delle gare del sabato il lunedì, sia detto per la cronaca, anche dopo che l’e-mail era entrata nell’uso comune) non scrisse una riga. Iniziò solo a pubblicare la classifica della A1 con 9 squadre.
Ormai il campionato iniziava ad aprile e finiva a ottobre inoltrato per una serie di pause per impegni della nazionale. Le società (Parma, Rimini, Grosseto in testa, ma certo nemmeno Bologna era contenta) accusavano Notari di svilire il prodotto massimo campionato e Notari, ormai, non ascoltava più nessuno. Il rapporto con la stampa era inesistente. La presentazione della stagione 2000, in un ristorante vicino all’aeroporto di Milano Linate, era stata imbarazzante. Per poco il maitre non ci cacciò fuori quando gli venne chiesto di aggiungere per la seconda volta un posto a tavola, all’arrivo di Massimo De Luca (per il quale non userò il grassetto…) quando noi eravamo al secondo. Alla domanda di Maurizio Caldarelli: “Ma Presidente, come si può fare ad avere i tabellini entro il sabato sera?” Notorius rispose: “Ma non potete mica rompere a me,  per quelle cose”.
Quando lo chiamai, pochi giorni dopo le elezioni, era un uomo distrutto: “Lo sai che sei l’unico che mi ha chiamato?”.
Vinse Dalla Noce. E per prima cosa, cacciò i suoi addetti alla comunicazione e al marketing. Io ero la prima firma di Baseball.it ed Everardo mi rivolse un paio di frecciate durante la presentazione del campionato. Poi, al pranzo che ne seguì (anche a questo oggi non andrei mai), mi disse: “Ma perché hai scritto quelle cose di me, non mi conosci nemmeno…”. Dalla Noce era (è) giornalista professionista. Forse che lui aveva scritto solo degli amici di famiglia?
Everardo si ritrovò solo. Mi rilasciò un’intervista turbolenta nella quale mi invitò a scrivere che non si sarebbe mai dimesso e, dopo pochi giorni, mandò la sua lettera di dimissioni.
La Federazione si fece soffiare dagli olandesi la centesima sfida tra Italia e Olanda (si giocò al World Port Tournament di Rotterdam); l’Italia scese in campo con le divise senza la scritta Italia.
All’Europeo di Bonn c’erano 2 giornalisti italiani: il sottoscritto, a spese di Baseball.it, e Maurizio Caldarelli, collaboratore della Gazzetta dello Sport (presumo ospite FIBS) L’Italia (Ramos in prima, Pantaleoni in seconda, Sheldon terza base, La Fera interbase, Crociati, De Franceschi, Di Pace esterni, Gambuti catcher, Casolari designato. E’ la formazione titolare che mi ricordo. Marchesano, Cossutta, un giovane Riccardo De Santis, Newman i partenti principali) perse la semifinale con la Russia. Fu il peggior risultato dal 1956.
A Taiwan al Mondiale IBAF di giornalisti c’ero solo io, sempre a spese di Baseball.it. L’Italia vinse solo con la Francia e il Sud Africa, ma non giocò male. Aveva in campo un giovanissimo Francesco Imperiali, reduce dal suo primo anno da pro, e Chris Madonna, arruolato per l’occasione visto che giocava negli USA.
Fu in quelle 2 trasferte che mi inventai il Diario. Per placare la sete di informazioni che, lo sapevo bene, opprimeva gli appassionati, pensai che raccontare anche il dietro le quinte, magari riuscendo a far sorridere, avrebbe potuto creare un’occasione di interesse non strettamente legata alle partite e, quindi, richiamare lettori fuori dallo zoccolo duro del baseball.
La finale del campionato era stata quanto meno triste. Quasi nessuno allo stadio a Nettuno (si partiva con il Nettuno sotto 0-2) e quasi nessuno a Rimini, dove poi il Nettuno vinse in 4 partite con Juan Carlos Vigna grande protagonista.

Di fatto, nel 2000-2001 ero io l’unico che si occupava di baseball  su base quotidiana su un medium (Baseball.it. Allora internet era una gran novità, nemmeno tanto ben capita da tutti) con potenzialità nazionale.
Pensavo che quando mi ero avvicinato al baseball, da ragazzo che frequentava le scuole medie, Aldo Notari era Vice Presidente FIBS, al Nettuno abbinavo il nome di De Carolis, al Rimini quello di Zangheri e la gente si lamentava che di baseball si parlava poco.
Quando mi ero sentito per la prima volta giornalista di baseball, Notari era Presidente della FIBS, Zangheri e De Carolis erano sempre in prima fila e la gente si lamentava che di baseball si parlava poco.
Nel 1992, organizzato da Marco Landi, c’era stato un Forum della Lega Baseball presieduta da Rino Zangheri, con De Carolis tra gli oratori principali e nel quale ci si era lamentati che di baseball si parlava poco. Io avevo fatto un intervento sulle radio private (Zangheri e Notari le chiamavano “Le Rai private”), ricordando che a Nettuno mi avevano tolto il telefono perché Sto Stivi Uonde’ me sta a rompe’ li cojoni (c’era un concerto di Stevie Wonder  per cui, non si comprende il motivo, era stata segata la linea telefonica).
Dal 1985 al 2001 avere il telefono per usarlo a scopo di divulgazione del baseball in uno stadio non si poteva, perché il Presidente del Comitato Nazionale Classificatori Giampaolo Reiter voleva la linea libera, non si sa mai.
Nel 2000, con Notari Presidente, ci si lamentava che di baseball si parlava poco.
Nel 2001, con Dalla Noce Presidente, ci si lamentava del fatto che di baseball così poco non se ne era mai parlato, anche se non è che se ne fosse mai parlato molto.

Siamo al dicembre del 2001. Tra poco Riccardo Fraccari, un ex arbitro a cui davo del lei e che era il General Manager del Livorno, con ambizione di diventare Presidente Federale, mi avrebbe chiamato per dirmi: “Sono il tuo omonimo, sappi che le elezioni le vinco io”. Alessandro Labanti mi dice che siamo invitati alle elezioni, a patto che facciamo una cronaca diretta.
Fraccari vince. Mi dice: “Adesso sono anche cazzi tuoi”. Lì per lì, non capisco perché. Ma adesso inizia un’altra storia e serve un altro capitolo.