La gazzarra ignobile sullo “ius soli”

POLITICA, SCHIROPENSIERO

Non è che io sia troppo spesso d’accordo con l’editorialista di Repubblica Massimo Giannini, ma non credo sia possibile definire il dibattito sulle modifiche alla legge sulla cittadinanza meglio di come ha fatto lui sul quotidiano in edicola lunedì 19 giugno: gazzarra ignobile.
I vari Salvini, Meloni, Di Maio che se ne escono (semplifico, ma più o meno l’han detto tutti e 3): “Pensano alla cittadinanza degli immigrati, invece che ai disoccupati italiani” dovrebbero vergognarsi per 2 ragioni: per il loro cinismo nell’alimentare una guerra tra poveri (si definiscono Cattolici, se non sbaglio…), ma soprattutto perché non dicono il vero. Le modifiche alla legge sulla cittadinanza non riguardano infatti gli immigrati in generale, ma soltanto i bambini. Che nascono in Italia da genitori stranieri o che entrano in Italia da minorenni e completano cicli di studi nel nostro paese.

Indicare le modifiche alla legge sulla cittadinanza come “passaggio allo ius soli” è in effetti improprio. Da quando l’Italia ha una legge sulla cittadinanza (13 giugno 1912), il principio di base è sempre stato quello dello ius sanguinis, ovvero è cittadino italiano chi ha almeno un genitore italiano. Seguendo il principio dello ius soli puro (come accade negli Stati Uniti e in quasi tutto il continente americano) sarebbe cittadino italiano chiunque nasca in Italia. Compreso il figlio di una turista che va in travaglio in anticipo durante un viaggio nel nostro Paese.
Il principio dello ius sanguinis ha sempre guidato il legislatore, anche nella più importante riforma (legge numero 91 del 1992). Ma è da tempo che questo principio non è attuale con la struttura della società italiana. La legge del 1912 era volta a tutelare il diritto dei discendenti degli emigranti (perché forse qualcuno lo scorda, ma dopo l’Unità e alla fine delle prime mire colonialiste, l’Italia divenne un Paese di emigranti…) a poter tornare in Italia, cambiando idea su una scelta non fatta da loro. Oggi tutela più che altro gli atleti professionisti che hanno una discendenza italiana e che conquistano così il diritto a giocare come comunitari nei vari campionati (di calcio soprattutto, ma anche di rugby, basket, volley, baseball…).
Ripeto comunque: il modo principale di acquisizione della cittadinanza italiana resta quello per discendenza da genitori italiani. Aumentano semplicemente i modi alternativi di acquisizione della cittadinanza. Si modifica la modalità per nascita già esistente (il figlio di stranieri che nasce in Italia e risiede ininterrottamente, al compimento dei 18 anni ha diritto alla cittadinanza anche oggi) concedendo ai figli di stranieri nati in Italia il diritto ad acquisire immediatamente la cittadinanza (se i genitori lo chiedono) o al diciottesimo anno di età (entro 2 anni, se i genitori non l’hanno chiesto). I bambini entrati in Italia prima di compiere i 12 anni (se completano un ciclo di istruzione) hanno diritto a loro volta alla cittadinanza (su richiesta dei genitori o di loro stessi, dopo la maggiore età), quelli entrati minorenni ma dopo aver compiuto 12 anni, solo se risiedono ininterrottamente per 6 anni in Italia.
Come si vede, è uno ius soli con notevoli limitazioni.
Oltretutto, l’immigrato che vive e lavora in Italia ha già oggi il diritto a diventare cittadino italiano dopo 10 anni ininterrotti da residente.
É bene inoltre notare che tutti i più importanti paesi europei hanno un modo di acquisizione della cittadinanza legato allo ius soli. Compresa la Germania, buona ultima a introdurre questa opportunità per i figli di immigrati.

Chiudo con questa domanda. La pongo in particolare a Salvini-Meloni-Di Maio: siete proprio sicuri che abbiano più diritto ad avere la cittadinanza italiana Maurito Icardi (calciatore dell’Inter) o Mike Piazza (Presidente della Reggiana), i cui bisnonni o nonni hanno lasciato il paese all’inizio del secolo, rispetto al figlio di un operaio che nasce in Italia da genitori africani, parla come prima lingua l’Italiano (i suoi genitori probabilmente si esprimeranno in una lingua tribale e non nella lingua franca introdotta nel suo Paese dopo il colonialismo, Inglese o Francese che sia), va a scuola in Italia e non conosce altra patria all’infuori dell’Italia?

8 thoughts on “La gazzarra ignobile sullo “ius soli”

  1. Non vorrei sbagliarmi, ma forse sottovaluti il lavoro del Legislatore italiano. Non intendo tanto i 600 Parlamentari, ma parlo degli Uffici Tecnici. In tanti anni con la FIBS, ho avuto spesso a che fare con i Diplomatici italiani all’estero, in particolare negli USA, e ho trovato tanta competenza e buon senso

  2. Sì che me ne rendo conto al contrario di chi ha proposto quella legge senza prima cercare alcun accordo con gli stati di provenienza di quelle persone.
    È lo stesso problema, ad esempio, delle mancate espulsioni. Niente accordo, niente espulsione. Mancanza totale di conoscenza del diritto internazionale da parte del legislatore. È quello il motivo per cui sono dell’idea di aspettare la maggior età del richiedente la cittadinanza italiana, spesso scelta irreversibile.

  3. Quindi (dopo l’approvazione delle modifiche alla legge sulla cittadinanza), se un bimbo di genitori (che so) della Costa D’Avorio nasce in Italia, i genitori chiedono per lui la cittadinanza, a 18 anni si pente e non vuole più essere italiano, abbiamo un apolide. Ma ti rendi conto di cosa dici o no?

  4. Non rispondiamo fischi per fiaschi. Non stavo parlando degli italo-statunitensi in USA durante il fascismo (dove comunque non vi fu alcun problema fino all’inizio del 1942 ovvero fino all’entrata in guerra degli USA, formalmente neutrali nei primi due anni della seconda guerra mondiale, e riguardò anche i cittadini tedeschi e giapponesi oltre agli italiani, tutti magari residenti e cittadini USA da oltre mezzo secolo) ma degli africani e degli asiatici in Italia e per loro le cose stanno esattamente come ho scritto io. Per loro non vige la legge statunitense o quella italiana ma quella del Paese d’origine dei genitori. Non stiamo parlando di Mike Piazza o di Bill de Blasio ma di un qualcuno di tutt’altra provenienza.

  5. Invece è così. Anche il discendente di un italiano che abbia rinunciato alla cittadinanza (ad esempio, perché negli USA durante il ventennio fascista non era tanto conveniente essere italiani) può, dimostrando che c’è una ragione (tipo: intende tornare a vivere in Italia) e se l’antenato è entro 2 generazioni (quindi babbo o nonno), riottenere la cittadinanza italiana.

  6. Non è così. Se alla nascita viene registrato come cittadino italiano e non del Gabon o del Togo o del Burkina Faso, anche rinunciando a 18 anni alla cittadinanza italiana, NON può ottenere quella degli stati sopra menzionati ove non vige la legge italiana ma quella locale. Nessuna possibilità di ritornare alla nazionalità cui si è rinunciato alla nascita (rinuncia da parte dei genitori non del povero infante inconsapevole).
    Altro fatto per me, laico, inaccettabile, è l’ingerenza della Chiesa cattolica in leggi che riguardano solo lo Stato senza alcuna attinenza a norme morali / religiose come divorzio o aborto.

  7. Infatti, entra 2 anni dal compimento del diciottesimo anno di età, la nuova legge permetterà di rinunciare alla cittadinanza italiana eventualmente scelta dai genitori. Quindi, se un figlio di immigrati del Gabon diventa italiano quando nasce, a 18 anni può tornare a essere del Gabon. Mi sembra il massimo della libertà personale possibile.
    Per quel che riguarda la cittadinanza per discendenza degli italo americani, se al momento della nascita i genitori non fanno richiesta al Consolato di competenza, con conseguente iscrizione all’AIRE (e successiva trascrizione al Comune Italiano d’origine), deve poi essere chiesto il riconoscimento della cittadinanza all’autorità consolare, avviando un processo che può durare anni

  8. Proviamo a vedere le cose dalla parte opposta. Per me uno deve decidere della propria nazionalità, come pure della propria religione o altre cose importanti, quando maggiorenne ovvero a 18 anni, v. legge Martelli tuttora in vigore. Non per automatismo o per scelta dei genitori.
    Nella maggior parte dei Paesi di provenienza degli immigrati non vige la doppia cittadinanza. Se un nigeriano diventa italiano perde la cittadinanza nigeriana, se un bengalese rinuncia alla propria cittadinanza non può più neppure entrare in Bangladesh: acquisisce uno stato di “rinnegato” o qualcosa di simile.
    Lo stesso (eccetto gli eccessi del Bangladesh) per tutti i Paesi africani e asiatici, Cina compresa. Se un cinese opta per una cittadinanza diversa perde automaticamente tutti i diritti riconosciuti a un cittadino della PRC.
    Perfino uno svizzero a 18 anni deve decidere se rimanere cittadino svizzero o diventare italiano. O viceversa.
    In Europa molti stati riconoscono la doppia cittadinanza (io per esempio sono cittadino italiano E tedesco), secondo il principio della reciprocità. Nessuno stato africano o asiatico (con l’esclusione di Israele) riconosce la doppia nazionalità. E tutti gli IRE (Italiani Residenti all’Estero) devono essere considerati degli stupidi per non aver rinunciato alla cittadinanza italiana, magari alla terza generazione?
    Insomma dopo i cattolici per forza (il battesimo viene deciso dai genitori a pochi giorni dalla nascita), gli islamici per forza, dobbiamo per forza avere anche gli italiani per forza?
    Perché tramutare una libera scelta in un obbligo o, peggio, in un automatismo?

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