La “Money League” di Deloitte dimostra che non sono solo i diritti TV a forgiare i bilanci delle squadre di calcio

CALCIO, SPORT, Sport Management e Marketing

Nei giorni scorsi la Deloitte Sports, sezione di Deloitte Touche Tomatsu Limited (un insieme di aziende indipendenti che offre consulenza a clienti selezionati), ha reso nota la classifica della sua Money League del calcio europeo. Ci sono dati molto interessanti da approfondire.

Il Manchester United è il più ricco e in prospettiva le squadre della Premier League inglese, che introita qualcosa come 5 miliardi di sterline in 3 anni di soli diritti televisivi locali, domineranno questa classifica. Al momento, le inglesi sono in 5 tra le prime 10 e 8 tra le prime 20. Ma dopo il Manchester United, la seconda inglese è anche la seconda squadra di Manchester, il City. E si trova quinta in classifica.
Tra le italiane, l’unica che troviamo nella top ten è la Juventus, che si trova appunto al decimo posto.

La MONEY LEAGUE di DELOITTE

Deloitte Sports compila la classifica della sua Money League dal 1988

Questo era in sintesi.
La classifica di Deloitte mette in primo piano i fatturati. Il Manchester United esagera: ha ricavi per 689 milioni di euro e stacca con decisione il Barcellona, che è secondo con 620 milioni e rotti. Poco sotto il Barcellona c’è il Real Madrid.
Giù dal podio c’è chi fattura meno di 600 milioni: quarto è il Bayern Monaco (592) e quinto è il già citato City (524.9). Al sesto posto troviamo il Paris St. Germain (530.9) e poi cambiamo di categoria, perchè la settima è l’Arsenal, che scende sotto i 500 milioni (468.5). Dopo Chelsea e Liverpool ci portiamo anche sotto i 400 con la Juve, che fattura 341.1 milioni e resta comunque fuori portata per le altre italiane della classifica: la Roma (quindicesima con 218.2 milioni), il Milan (sedicesimo con 214.7) e l’Inter (diciannovesima, dietro Zenit San Pietroburgo e West Ham, con 179.2 milioni).

Il caso del Manchester United è peculiare. E’ il più ricco nonostante i suoi risultati abbiano ultimamente lasciato parecchio a desiderare. Facilmente, i Red Devils non vinceranno nulla nemmeno quest’anno, però sono il primo club d’Europa come incassi (oltre 137 milioni di euro) e ricavi da sponsor e altre attività commerciali (in poche parole: tutti i ricavi non connessi allo spettacolo sportivo in senso stretto; quasi 364 milioni, più di metà del fatturato). Introitano una bella somma (187.7 milioni) di diritti televisivi, ma in questa categoria sono solo la settima squadra della Money League.
Per dire: la Juve di diritti televisivi incassa 10 milioni in più. Il problema è che, smentendo uno dei postulati del nostro calcio, la Juve non ottiene grossi risultati con le attività commerciali (30% del fatturato) e meno che mai con gli incassi (13%).
Dal punto di vista dei risultati legati direttamente al valore del marchio, il Milan (47% del fatturato) è molto meglio, ma i rossoneri sono fortemente penalizzati dal calo drammatico dei loro introiti da diritti televisivi (hanno incassato solo 88 milioni), dovuto ovviamente alla mancata partecipazione alle Coppe Europee.
E’ fortemente rivedibile da questo punto di vista anche la gestione della Roma, che ricava dai diritti televisivi 154 dei 218 milioni del suo fatturato (il 71%).

Insomma, sembra evidente che per vincere la Money League servono politiche commerciali più aggressive (e, diciamolo, anche più competenti). E attenzione: vincere la Money League non garantisce successi sul campo. Lo insegna proprio il Manchester United.
Tra i club europei, l’altro esempio veramente virtuoso è il Bayern Monaco, che ricava il 58% del suo fatturato dall’attività commerciale, che vale oltre 340 milioni di euro. In poche parole: i ricavi da attività commerciali (togliendo quindi incassi e diritti televisivi) del Bayern valgono più dell’intero fatturato della Juventus. Che a livello di diritti TV incassa 50 milioni all’anno più dei tedeschi.

Con buona pace del Geometra Galliani, prossimo (spero) alla pensione, sul destino dei grandi club di calcio influisce più una gestione al passo con i tempi, rispetto alla suddivisione della torta dei diritti televisivi.