La scrittura creativa

La formazione continua dei giornalisti, racconti

Proseguo i servizi sulla formazione continua dei giornalisti. Qui trovate anche un mio breve racconto, servito da esercitazione durante un corso

E’ da anni che mi chiedo se si può insegnare e, di conseguenza, imparare a scrivere. Visto che la formazione continua dei giornalisti mi offre l’opportunità di farlo, ho seguito un corso di scrittura creativa. Anni fa, non lo avrei mai fatto. Era mia forte convinzione che scrivere fosse un dono naturale, difficilmente migliorabile. Ma invecchiando mi sono fatto evidentemente più umile e saggio così, mentre crescevano le mie velleità letterarie, è anche aumentata la mia sete di tecnica.
Ho acquistato prima un corso, da frequentare on line, del Centro di Documentazione Giornalistica, facendo diligentemente tutti i test e leggendomi il manuale di Pergentina Pedaccini Floris e Patrizia Cotroneo Trombetta. Poi mi sono letto gli appunti sulla scrittura creativa di Raymond Carver (“Il mestiere di scrivere”), Stephen King (“On writing”, un autentico gioiello) e Massimo Birattari (“Scrivere bene”, lettura utile anche a chi scrive solo e-mail agli amici), quindi mi sono iscritto a un corso organizzato dallo IULM (Libera Università di Lingue e Comunicazione) e Mediaset.
Giovedì 20 novembre a Milano ho seguito con grande interesse l’incontro con la scrittrice Camilla Baresani, uno dei docenti IULM. Ci ha impegnati in una esercitazione: scrivere un racconto di 2.000 battute in mezz’ora. Questo è il mio racconto:

La domenica è quel giorno che non suona la sveglia e c’è il campionato di calcio. Fino a qualche anno fa, la domenica lavoravo. Lavoravo quando c’era il campionato di calcio. E non erano tutte uguali le domeniche, quando lavoravo. Perché c’erano le volte che andavo in trasferta e viaggiavo, che mi piaceva abbastanza. E’ bello viaggiare di domenica, a parte quando incontri gli ultras negli autogrill. Comunque, il viaggio di domenica iniziava con quello seduto dietro che legge ad alta voce i “sette giorni di cattivi pensieri” di Gianni Mura.
Per leggere i “sette giorni di cattivi” pensieri di Gianni Mura adesso scendo con l’ascensore, attraverso la strada, mi spavento perché i cani del vicino mi abbaiano e poi do un euro e un po’ al giornalaio e compro Repubblica. In questa domenica senza campionato di calcio, su Repubblica Gianni Mura però non ci scrive.
Ho prenotato il biglietto del cinema. Che è comodissimo, adesso che ho scoperto la Easy Card. Perché prima non mi ricordavo mai la password per gli acquisti sicuri della Visa e l’American Express quelli di The Space non la vogliono. Mi erano più simpatici quando erano Warner e l’American Express gli andava bene.
In una domenica senza campionato di calcio, non è la stessa cosa scegliere l’orario del film. Perché quando c’è il campionato di calcio, bisogna trovare un film che inizia verso le 3. Al cinema bisogna spegnere il cellulare e non c’è quell’ansia che ti viene quando arrivano i gol. Che magari non ce ne sono per un’ora, poi ne fanno un sacco tutti in una volta e tu sei lì con le formazioni di Fantacalcio e non ci tieni dietro. Al cinema invece alle 3 compro i pop corn e la pepsi, guardo il film, e quando torno a casa è ora di accendere SKY e schiacciare il tasto verde e guardare i gol. Che quando vince il Milan, è divertente rivedere 10 volte il Milan che vince.
Ma domenica scorsa alla sera giocava la nazionale e non c’era il campionato di calcio. Così ho preso i biglietti per un film che iniziava alle 5. Che è molto diverso, andare al cinema alle 5, perché rientri che è già buio e si può dire che la domenica è finita. Ma io sono abbastanza felice per il fatto che per me, quando finisce la domenica, è come quando finisce un giorno qualsiasi. Non è né bello né brutto. E’ solo che è finito un altro giorno.

A Camilla Baresani non era piaciuto il finale e prima di pubblicare qui il racconto, l’ho modificato, aggiungendo 3 righe e mezzo. Era più o meno un gioco. Ma io quando scrivo non gioco mai fino in fondo. Quindi mi ha fatto estremamente piacere che abbia trovato coerente il mio uso del linguaggio. Non ho idea se adesso il finale funziona meglio. Comunque, sono uscito dal corso sempre più convinto del fatto che la scrittura creativa ha una regola di base che è bene non dimenticarsi mai: scriviamo per intrattenere, quindi dobbiamo farci capire bene.

La seconda parte del corso è stata tenuta dall’Avvocato Giuseppe Rossi, altro docente IULM.
Ha esaminato la scrittura sotto il punto di vista della norma e della deontologia. Ci ha guidati nelle varie carte (di questo parlo in altra parte del sito), ha citato la sentenza decalogo e ci ha chiarito che, molto spesso, i giornalisti sono sottoposti a giudizi disciplinari per una questione di cattivo stile. Siamo nel soggettivismo, ma spesso quello se uno scritto è deontologicamente corretto o meno, dipende dall’uso delle parole.
Durante il corso è stato citato il caso del giornalista della RAI di Torino, finito sotto accusa perchè in un servizio che precedeva Juve-Napoli di calcio, alla luce dei cori degli juventini, aveva chiesto a un tifoso: “Quindi i napoletani li riconoscete dalla puzza? Dei signori…”.
L’avvocato del giornalista sosteneva che l’intento del suo cliente era “esprimere distacco”. Ma il Consiglio di Disciplina sentenziò che il fatto che sul volto del giornalista si sia dipinto un sorriso durante l’intervista, dando quindi dimostrazione di non voler stigmatizzare i cori dei tifosi a cui faceva riferimento la sua domanda.
Vilipendio è l’ostentazione del disprezzo e va punito, anche in Tribunale e non solo a livello disciplinare. Ma quale sarebbe il limite? Ad esempio, non fu accusato di vilipendio il giornalista che, commentando dichiarazioni del Cardinale Bertone, scrisse: “Auspico che questa Chiesa collassi”.
La forma, l’uso delle parole, la precisione dei termini sono certamente questioni di stile, ma un cattivo stile può avere conseguenze importanti, spesso spiacevoli.

E’ anche per questo che consiglio a tutti i colleghi di prendere estremamente sul serio l’opportunità che ci è offerta dall’obbligo della formazione continua.