Ma chi l’ha detto che qui a Taiwan sono tecnologici?

Asia Series 2013, BASEBALL

Succede che la giornata è perfetta. Che ti sei svegliato con calma, hai mangiato bene (petto d’anatra e insalata), hai speso poco (appena più di 15 euro) e, soprattutto, hai fatto l’esperienza di un massaggio cinese. Di cui parlo dopo. Per ora, posso solo constatare che nessuno crede che io sia andato a fare davvero un massaggio alla schiena e al collo. Compresa la mia interprete Valeria: “Taichung è famosa per questo” ha detto sardonica.
Ma quei posti che dici tu, non saran mica dentro l’albergo, scusa?!

Il sottotitolo della giornata che avrebbe potuto essere perfetta è: “Ma chi l’ha detto che tutti i cinesi sono tecnologici?”.
Torniamo alla giornata perfetta. Arrivo presto (snobbando il trasporto che l’organizzazione mi ha messo a disposizione, ho preso un comodo taxi quando ne avevo voglia io), acquisto il conveniente pacchetto pizza+coca cola del chiosco di Pizza Hut all’esterno dello stadio (meno del menu di Mc Donald’s: 100 nTD, 2 euro e mezzo) e mi godo il pre game.
Verso il secondo inning, decido di iniziare ad aggiornare le varie pagine Facebook (mia e di un paio di federazioni) e Twitter. Ma i messaggi prima fanno fatica, poi proprio non vanno su. L’icona della connessione LAN (a cavo) dice un inquietante “nessun accesso a internet”. Allora passo a un’altra postazione, dove per un po’ va, poi si pianta anche lì. Arriva una giornalista giapponese che scanchera e mi ruba il cavo.
Senza dire nulla (chissà cosa stava dicendo, in Giapponese…mi ha intimidito), mi collego con il wireless. Ma dopo un po’ si ripianta tutto.

L’esperienza mi dice che quando lavori a un computer per una settimana e la connessione internet è sempre andata (parmigianismo per dire “ha sempre funzionato”, n.d.r.), è difficile che sia colpa del computer. Ma dall’ufficio CPBL arriva un solertissimo tennico che fa una di quelle cose pericolosissime: apre la finestrella DOS. L’ho visto fare anche in tribune stampa italiane: è pericoloso, perchè di sicuro non risolverà nulla. Ma c’è sempre la possibilità che faccia più danni. E infatti. Lo vedo che smanetta (poveretto sarebbe come se io cercassi di far qualcosa su un computer cinese…), ma capisco anche che sragiona. Chiama il capo dei volontari (Fox, un uomo, un perchè) che mi dice: “Sostiene il tecnico che non hai scelto l’opzione dell’IP automatico”. Ma dai! Ma per chi mi hai preso! Intanto, vedo l’omarino che guarda con libidine il tasto disabilita. E, prima che lo possa fermare: TAC, mi disabilita la scheda di rete. Già gli australiani battevano da tutte le parti, già non avevo capito che Ortiz in realtà si chiama Opitz (ma che nome è? E comunque, Introppi: resti bannato). Gli dico: rimetti a posto. Arriva una volontaria, uscita direttamente da un Manga, e gli spiega cosa voglio. Lui sento che continua a dire wireless e mi parte un certo embolo. Finchè, l’illuminazione: gli strappo il computer, trovo come riabilitare la scheda di rete e…. mento: tutto a posto. La volontaria (dice di chiamarsi Francesca) mi porta delle patatine e una coca cola per calmarmi. Io le fagocito, ma devo trovare il modo di collegarmi. Aggiorno Facebook e Twitter con il telefonino (in roaming…), tiro fuori il pen drive per connettermi bypassando la rete dello stadio (anche qui, in roaming; devo anche disinstallare un software, non capisco perchè). Poi, così come mi aveva fatto penare, la connessione torna. Tutto questo con anche la necessaria abilità per smorzare un paio di conversazioni casual (anche il padre del lanciatore partente: “Io sono di St.Louis”. Eh, e io no!).

Non tutti i cinesi, insomma, sono tecnologici. Già ho dovuto resettare io il router dello stadio di Tayouan. Qui mi sono dovuto imporre al tennico (che poi, non me ne sbarazzavo più: continua a scusarsi. Gli ho dato la mano e gli ho sorriso, ma avrei voluto mangiarlo). Alla cena di apertura, mi è toccato convivere con un inquietante robot che ballava con Jack Murphy: ecco, quella sera non avrei detto che avrebbe vinto il premio di MVP.

Qui a Taiwan hanno quasi tutti delle srepitose imitazioni degli ultimi modelli Samsung e dell’IPhone. Ma d’altra parte, sono cinesi. La cosa più bella è che qui nessuno naviga con il traffico dati. Ognuno ha la sua connessione remota, da collegare agli hot spot. E le condividono l’un l’altro. Infatti, sono sempre lì che si scambiano delle gran password.

Ma un certo riscatto tecnologico ai taiwanesi lo concede la mia camera d’albergo. Perwater manovrare aria condizionata (che non servirebbe, ma l’addetto alle pulizie non accetta questo fatto) e luci, esiste una centralina, tramite la quale si può anche impostare la sveglia.
La vera chicca è il water, anche lui manovrato da una centralina. Non scenderò troppo nei dettagli, ma si può regolare la temperatura della sedietta e anche quella dell’acqua di un utile spruzzino da usarsi post evacuazione. Per darvi un altro indizio: non c’è il bidet.

L’epilogo: dopo aver passato la sera a chiedermi se l’interbase australiano si chiama Ortiz od Opitz (ma adesso, vado a correggere), scendo al Seven Eleven a prendere i miei consueti delicious sandwiches. E ti trovo Francesca. Oh, ma ci credete che mi ha chiesto: “Ti ha fatto piacere che ti ho portato le patatine, quando eri arrabbiato?”.

massaggioTornando al massaggio, funziona così. Entrate e vi consegnano una borsina con uno splendido accappatoio (di quelli proprio orientali), ciabatte (che a me ovviamente non andavano bene, ma avevo le mie) e asciugamano. Dopo una light shower, una energumena vi accompagna in una stanza, vi invita a togliervi l’accappatoio (mentre lo fate, alza un asciugamano oltre i suoi occhi, per non guardare) e poi inizia il massaggio. Se avete delle contrattute (come nel mio caso, che sono sempre seduto al computer…ma non mi sto lamentando) vi fa anche un po’ male. Ovviamente non potevo vedere, ma l’energumena appoggia sui lombi qualcosa (non so cosa) di caldo. Ad un certo punto, vi fa girare. Poi dice finished, vi porta in un salottino dove vi offre un the con i pasticcini e poi potete tornare sotto la doccia, visto che vi avrà unto parecchio.
A quel punto, è passata più di un’ora, starete benissimo.