Inizio il racconto del mio Mondiale Under 18 di baseball con un ricordo: l’edizione 2008

Mondiale Under 18 2017

Sono in partenza per il Mondiale Under 18 di baseball, che si gioca a Thunder Bay (Stato dell’Ontario) in Canada. Coprirò il torneo in Inglese per il sito della WBSC, la Federazione Mondiale. Su questo sito troveranno spazio i miei commenti in Italiano.
Durante i miei anni alla FIBS ho partecipato a un solo Mondiale Under 18: a Edmonton, sempre in Canada (nella foto di copertina, l’inaugurazione). Era l’agosto del 2008 e scrissi 2 articoli di commento: uno in Inglese per il sito Mister Baseball e uno in Italiano per Baseball.it. Riprendo il secondo qui, con qualche aggiunta (soprattutto, dando un’occhiata alla carriera di alcuni dei giocatori più significativi del torneo), come prologo alla nuova serie di pezzi

La scritta Date tutto per la medaglia d’oro fa ormai tenerezza. É così da giorni, ma nessuno al Telus Field di Edmonton (stato dell’Alberta, Canada del nord) ha avuto il coraggio di staccare il cartello, disegnato a mano con un certo talento. La foglia d’acero rossa chissà quanto resisterà, ma ormai il Mondiale Juniores di baseball è pronto a togliere le tende da Edmonton ed è chiaro che la medaglia d’oro il Canada non la vincerà. Quella della squadra allenata da Hamilton (che sarà il manager del Canada anche nell’edizione 2017, n.d.r.) è una vera e propria delusione: si è piazzata sesta, perdendo anche una delle finali di consolazione con Taiwan e non arrivando nemmeno a sfidare il potere di questa categoria. Che ormai è chiaro: è rappresentato da Stati Uniti e Corea, che si sono giocate la medaglia d’oro per la seconda edizione consecutiva. E, per la seconda volta di seguito, il metallo più nobile ha preso la strada dell’Asia.

Perchè la Corea abbia battuto in 2 finali Mondiali consecutive gli Stati Uniti, pur avendo decisamente meno talento, ha a che fare con la determinazione e la voglia di vincere. Il Team USA è sembrato andare in campo per esibire al mondo i suoi giovani fenomeni. La Corea ha giocato per vincere, tranne forse nella gara di qualificazione con gli americani, nella quale ha nascosto il suo miglior lanciatore Sung.

Sia chiaro, a livello Juniores non è che la filosofia del vincere a tutti i costi debba essere condivisa per forza. Fa in effetti specie che Sung Yung Hoon sia stato chiamato a lanciare un impegnativo quarto di finale con Taiwan (120 lanci) il venerdì e la domenica gli sia stata riaffidata la palla, lasciandolo oltretutto in pedana per 9 riprese. Dal punto di vista della formazione dei giocatori, non è che quello che la Corea ha fatto con Sung meriti un applauso. Ma tra giocare per vincere e per fare player’s development c’è una bella differenza. E la differenza tra Corea e Stati Uniti domenica 3 agosto 2008 si è vista.

Nella voglia di vincere dei coreani c’è anche moltissimo di bello. L’esterno centro Jun Soo Bin, ad esempio, corre da casa a prima in 3 secondi e 8: poco peggio del formidabile Ichiro Suzuki. Come se non bastasse, domenica ha chiuso la corsa dopo un drag bunt con un incredibile tuffo in avanti. Subito dopo, ha messo tanta pressione sul lanciatore americano Purke da costringerlo al balk, quindi ha rubato la terza e proseguito fino al punto su un errore di tiro del catcher Stassi. Insomma: ha segnato sfruttando in pieno la sua dote migliore ed è per questa caratteristica che la Corea è un esempio.
Gli Stati Uniti viceversa raramente lo sono, almeno a livello di grandi tornei internazionali (naturalmente, non potevo sapere del dominio che avrebbero esercitato nel decennio successivo, n.d.r.). Personalmente, li ho visti vincere una volta sola (al Mondiale IBAF 2007 a Taiwan): davvero poco, per il paese guida di questo sport. E ho sempre avuto l’impressione che il Team USA, pur bello da vedere, non fosse in realtà una squadra, bensì una selezione arrivata a portare al resto del mondo il verbo di questo sport.

A livello di squadre nazionali, spesso l’Italia si comporta da piccola America. A livello estetico fa un figurone, viene ricevuta da diplomatici e coccolata dalla comunità di nostri connazionali, si crogiola negli applausi che riceve sistematicamente in ogni parte del mondo. Se questo fa venire meno le motivazioni per vincere, onestamente non lo so. Resta il fatto che spesso gli azzurri non sembrano dare tutto quello che possono.
Il Mondiale Juniores non è stato positivo. Ma non tanto per la sconfitta con l’Olanda, che è un’onta che nessuna nazionale italiana ama subire ma non può far venire meno lo scopo di una partecipazione al Mondiale. Non è stato positivo perchè gli azzurrini non sono riusciti a dare il massimo.

L’Italia non era una squadra ricca di talento. Non aveva il fuoriclasse in erba come poteva essere Peppe Mazzanti nel 2001 o Zileri nel 2002 o Maestri nel 2003 o Santolupo nel 2004 o la coppia D’Angelo-Liddi nel 2006 o Panerati nel 2007. Ma a livello di parco lanciatori l’Italia era solida come raramente lo è stata a questo livello di competizione. In qualche modo quindi è stata una delusione perdere contro un’Olanda che di questo torneo può ricordare solo la vittoria sull’Italia e può vantare al massimo una certa disciplina nel box di battuta, ma non tanto per la sconfitta in sè, quanto perchè poteva essere evitata. Semplicemente dando il massimo.

E’ ovvio che per dare il massimo si deve anche essere preparati a darlo. I nostri Under 18 non giocano abitualmente ad un livello come quello del Mondiale. In questa competizione le squadre migliori sarebbero tranquillamente in grado di giocarsela con le migliori formazioni della IBL da pari a pari. E dei nostri ragazzi presenti ad Edmonton, nessuno ha esperienza di IBL.

Il problema è comune a tutta l’Europa. Tanto per intenderci, alla fine sono proprio i nostri atleti quelli che annualmente giocano più partite.
Dell’Olanda abbiamo detto, la Repubblica Ceca è passata di batosta in batosta, la Russia (battuta per manifesta sia dall’Italia che dall’Olanda) è sembrata addirittura imbarazzante. Se ai giovani europei non verrà data una possibilità di competere a livello più alto con regolarità, dovremo rassegnarci ad essere il continente Cenerentola, a livello mondiale. Si può fare tanto, a patto che si capisca che lo sviluppo di giocatori non passa da tornei come l’Europeo. Bensì dal modello Instructional League: un mese, 40 giorni di competizione in autunno con partite quotidiane e lavoro finalizzato a correggere quel che non funziona in partita. Ai giovani europei serve questo. Più di firmare contratti da 2 soldi con organizzazioni pro americane che chiamano questi ragazzi molto spesso per fare numero, li usano più che formarli, e li rimandano al mittente con qualche bel ricordo e molti sogni in meno.

Chi il massimo sa sempre darlo è Cuba ed è proprio il caso di sottolinearlo quando questo massimo vale appena una medaglia di bronzo, risultato certo non esaltante per chi del Mondiale Juniores ha vinto 11 edizioni su 23.
Arrivare terza per Cuba non è un successo, eppure nella finale di consolazione la seleccion è stata sinceramente commovente, al cospetto di un’Australia quasi seccata per trovarsi a giocare nell’anteprima e non nell’evento vero.
Cuba avrebbe potuto fare di più, ma ha perso nel corso del torneo il suo interbase titolare (Iglesias) e il suo miglior lanciatore (Urguelles). Non c’è conferma ufficiale, ma la stampa canadese ha espresso la certezza che i due siano fuggiti verso un paese che gli consentirà di ottenere asilo politico, permettendo al loro agente di trattare un ricco contratto con qualche club di Major League. Coi miei occhi, ho visto una giornalista canadese chiedere al capo delegazione cubano se poteva confermare la fuga (la stampa di scuola anglosassone verifica sempre le notizie, prima di pubblicarle) e ricevere al riguardo una risposta a dir poco scontrosa. La radio nazionale ha riportato una dichiarazione bellicosa di Fidel Castro (che più o meno suona come: “Edmonton è una pattumiera”). Sia come deve essere, quella di 2 ragazzi che scappano dal loro paese è una tragedia umana, anche se vanno verso la ricchezza materiale. E l’assenza di 2 giocatori del genere è stata per Cuba, più modestamente, una tragedia tecnica.
Proprio con la maglia di Cuba si è comunque esibito quello che, secondo me, è il miglior giocatore del torneo: l’esterno centro Puig. Non è celebrato come il canadese Lawrie, ma vederlo giocare è il massimo che possa capitare ad un appassionato di baseball.

Yasiel Puig, soprannominato “Wild Horse” dal grande telecronista Vin Scully

Mi sono già compiaciuto non poco per il giudizio dato, in tempi non sospetti, su Yasiel Puig, che allora non aveva nemmeno 18 anni e oggi ha accumulato oltre 500 presenze e 80 fuoricampo per i Dodgers, con i quali ha esordito in Grande Lega nel 2012. Incidentalmente, guadagna 5.5 milioni all’anno.
Jose Iglesias è l’interbase dei Detroit Tigers (2.1 milioni annui di stipendio).
Meno bene è andata a
Noel Arguelles (non ricordo se ero in errore io a chiamarlo Urguelles o se era il nome sui documenti ufficiali, il giocatore è comunque lui). Aveva firmato per i Royals di Kansas City, ha poi avuto problemi alla spalla. All’inizio di questa stagione aveva firmato un contratto di Minor per i Washington Nationals, ma sembra sparito.

Del lanciatore coreano Sun Yung Hoon ho perso le tracce dopo il suo esordio nella Lega professionistica del suo Paese (KBO) con i Doosan Bears.
Jun Soo Bin (ma forse si dovrebbe scrivere Jung) ha giocato dal 2009 al 2016 per i Doosan Bears ed è stato anche l’MVP delle Korean Series 2015. Al momento, è finito in Minor League.

Il lanciatore degli Stati Uniti Matt Purke ha per ora limitato la sua esperienza in Major League a 12 presenze nei Chicago White Sox nel 2016. Continua a giocare nell’organizzazione dei White Sox, come rilievo di Triplo A.
Max Stassi il cui padre James ha giocato nel Rimini nel 1985) gioca nell’organizzazione degli Houston Astros. A oggi le sue presenze totali in Major League (dopo l’esordio nel 2013) sono 35. All’inizio di questa stagione ha sofferto un brutto infortunio.