Natale in Texas a Marfa: da lì raggiungiamo il “Paisano”

CINEMA, le mie bestie, SCHIROPENSIERO, Texas e Bahamas 2016-2017, VIAGGI , , ,

Il cenone della Vigilia di Natale era composto da patatine Lay’s classiche, insalata di tonno, cracker, pesche sciroppate, cookie al cioccolato, formaggio, biscotti Oreo (il colore dell’interno di vaniglia era un rosso inquietante). Il tutto annaffiato da uno spumante brut della Anderson Valley (California del Nord). Non male, giusto?

Era la presentazione che, vi garantisco, lasciava a desiderare.
Avevamo infatti acquistato tutto (splendide confezioni da single depresso…) in svariate soste ai supermercati da Fort Worth a Marfa. A parte lo spumante, che avevamo pagato un bel 28 dollari in una sorta di drive through dell’alcolico in quel di Fort Worth. Abbiamo consumato tutto in camera, ovviamente.
Perché ci eravamo caricati di cibo? Essendo programmata la sosta in una cittadina piccola, mi era venuta la paranoia da digiuno, qualcosa che mi manda terribilmente in ansia. E che oltretutto si è rivelata completamente priva di senso. Non solo a Marfa c’è un’area di sosta lungo la statale 90 che è aperta 24 ore e 365 giorni all’anno (quest’anno, 366…è stata splendida l’espressione della cassiera mentre pronunciava un mai come risposta alla mia richiesta dell’orario di chiusura), ma ci sono pure 2 alberghi lussuosi dotati di lussuosi ristoranti: il Paisano (il ristorante si chiama Jett’s Grill) e il St. George (ristorante La Venture, dove abbiamo lasciato 150 solidi dollari la sera successiva).

Perché l’hotel  Paisano si chiama così, l’ho chiesto alla General Manager dell’albergo Vicki Lynn Barge, che mi ha spiegato che deriva dalla cultura ispanica della zona. Per i messicani un Paisano è sia un amico che un contadino (è anche come i militari chiamano i civili, ma in questo contesto c’entra poco).  Per la verità (per questo ho disturbato Claudia Amberger, portavoce dei Ranger del parco) Paisano più in generale è il Big Bend National Park e The Paisano si chiama la rivista che i Ranger distribuiscono. Mi ha spiegato la gentile Claudia che con Paisano i messicani indicano anche il road runner, che sarebbe un simpatico uccellino (un cuculide lungo poco più di 50 centimetri) che, pur potendo volare, preferisce correre ed è il simbolo del Parco (oltre che dello Stato del Nuovo Messico). La città di Fort Stockton (nel 1800 avamposto statunitense, oggi Capitale della Contea di Pecos), dove abbiamo passato la notte tra il 26 e il 27 dicembre, ha addirittura eretto un monumento al roadrunner. Un monumento ben più noto glielo ha eretto la Warner Bros, rendendolo il nemico giurato del leggendario personaggio dei cartoni animati Wile E. Coyote.
Il roadrunner e il coyote sono 2 dei non tanti animali vivi che abbiamo visto durante la permanenza al Parco. Entrambi ci hanno attraversato la strada, rischiando abbastanza. Specie il coyote, che nei pressi di Fort Stockton si aggirava nel buio. Una famiglia di javelinas (il pecari; all’apparenza è simile al cinghiale, ma in verità fa parte della famiglia dei taiassuidi e non dei suidi) l’abbiamo vista che pascolava lungo l’autostrada. Poi ci ha attraversato la strada un giovane cervo che, dopo lo spavento, si è allontanato superando una staccionata con un balzo elegante. Ma, come ho detto, la maggioranza di animali che abbiamo visto era spiaccicata lungo la strada. In particolare, sulla via che ci portava verso il Ranch State National Park e la strada panoramica Maxwell Ross (lungo il Rio Grande), c’era una vera e propria strage di conigli jackrabbit.
I calibri grossi del Parco sono i leoni di montagna e gli orsi bruni. Ovunque vi avvertono di non trovarvi da soli lungo i sentieri all’alba o al tramonto (il leone di montagna considera gli essere umani parte della sua dieta) o di chiudere negli appositi armadi con lucchetto il cibo (l’orso ha imparato ad aprire i frigoriferi da campeggio). Vi dicono anche: “Se proprio li incontrate, fate finta di essere molto grossi”. A parte i cartelli e qualche escremento, di questi animali non abbiamo però visto traccia.
In Texas vivono inoltre almeno 2 tipi di antilope: il proghorn è nativo della parte nord americana del deserto del Cihuahua (in Italiano è infatti antilocapra americana), è piccolo e marroncino. Il ningai è stato introdotto negli anni ’20 del 1900 dall’India ed è enorme e di colore grigio. E’ facile vederle entrambe (intendo vive; morte sono purtroppo ovunque) lungo la strada 67.

Un roadrunner e la sua celebre versione della Warner Bros

Al Ranch State National Park si arriva attraverso la città di Presidio. Durante la prima sosta arriviamo veramente vicini al Rio Grande, che grande è di nome ma non (almeno in questa stagione) di fatto. Si potrebbe tranquillamente sconfinare in Messico, se non che passare il confine fuori dai posti presidiati potrebbe costare una multa di 5.000 dollari
Lasciato il Ranch State (per visitarlo in giornata si pagano solo 5 dollari), si arriva al Big Bend National Park dall’ex città mineraria di Terlingua (che è dotata anche di Ghost Town) e si torna a Marfa passando da Alpine.
Viceversa, da Alpine (che è a una trentina di chilometri da Marfa) si entra al Parco passando per un paese polveroso chiamato Study Butte. Sono entrato all’Emporio e ho avuto la sensazione di fare un viaggio nel tempo. Per dire: alla cassa invitavano a firmare un biglietto di auguri per “la nostra rappresentante Federal Express, che fa le consegne a tutti voi e compie gli anni”.  Era il giorno di Natale e il ristorante annesso offriva un brunch a buffet da mezzogiorno alle 17, ma chiudeva per cena.
Per entrare al Big Bend si pagano 25 dollari (si ha poi libero accesso per 5 giorni) a un Ranger gentile e professionale e che  azzarda anche qualche parola di Italiano. Le Chisos Mountains sono certamente la parte più scenica del Big Bend National Park. Con un sentiero piuttosto abbordabile (7 chilometri totali, nessuna asperità impegnativa) si arriva al punto di osservazione chiamato The Window. Dopo una sosta al centro visitatori di Panther Junction (prende il nome da un roccione che, volendo, può ricordare il profilo di un felino), ci siamo portati al Rio Grande Village, nella zona est del Parco e a un passo dal Messico e dal paese di Boquillas del Carmen. Il Boquillas Canyon è una delle attrazioni del Parco. Ma la cosa speciale è percorrere la strada che vi ci porta da Panther Junction, con la maestosa Sierra del Carmen sullo sfondo.
Tornando ad Alpine dal Parco ci si imbatte in un posto di controllo del Border Patrol (le guardie di frontiera) degli Stati Uniti, che cerca immigrati clandestini e controlla i passaporti di tutti. L’agente pone anche domande trabocchetto del tipo: “Com’era il Parco?”.

I javelinas lungo la statale 90 del Texas

Dormire all’interno del Big Bend (non c’era posto) o in qualche motel di Study Butte ci avrebbe risparmiato parecchi chilometri in auto. Però non avremmo avuto modo di approfondire la conoscenza della sorprendente Marfa. Sono 4 case lungo la statale, ma tutto attorno hanno lasciato le tracce set cinematografici importanti. Nel 1956 George Stevens ci girò Il Gigante. James Dean, Rock Hudson e Liz Taylor alloggiarono all’hotel  Paisano e il set rimase aperto per consentire agli attori di interagire con la popolazione locale e familiarizzare con l’accento, che allora doveva suonare parecchio strano.
Paul Thomas Anderson ha ambientato nei dintorni parecchie riprese degli esterni de Il Petroliere (con Daniel Day Lewis) e la zona desertica appena fuori Marfa è stata scelta dai fratelli Coen per ambientare il preludio di Non è un paese per vecchi, con il personaggio di Josh Brolin che caccia di frodo le antilopi proghorn.
Ma non è tutto: dal 2008 Marfa ospita un Festival del Cinema e nei primi anni ’70 dello scorso secolo Donald Judd realizzò a Marfa alcune delle sue installazioni permanenti e da allora sono nate diverse gallerie d’arte.
Infine, a partire dal 1957 a est di Marfa (c’è un’apposita piattaforma) sono state osservate luci (Marfa lights, appunto) che sono state definite prima UFO, poi fantasmi, quindi fuochi fatui. Probabilmente, non si tratta di nulla di serio. Però concludo che quell’agente dell’immigrazione di Dallas-Fort Worth faceva male a stupirsi che fossimo intenzionati a venire a Marfa.

Prosegue il viaggio On the Road: la prossima tappa è San Antonio, la meta è Alamo, la sua leggenda e i suoi eroi.

6-CONTINUA