Niente squali nella Laguna di Truk

le mie bestie, Malesia, Indonesia, Filippine e Micronesia 2015-2016, squali, VIAGGI

In una puntata della seconda stagione di The Blacklist Tom Keen, che si sa già che non è un innocente maestrino, dice alla sua ormai ex moglie Elizabeth Keen che ha intenzione di cambiare vita e spiega: “C’è un posto in Micronesia che si chiama Laguna di Truk. C’è affondata un’intera flotta giapponese. Vorrei andare lì e aprire un diving”. Il giorno dopo ho scritto su Google Laguna di Truk e ho scoperto che il posto esisteva sul serio.

Grande delusione, quando ho visto questo cartello
Grande delusione, quando ho visto questo cartello

Devo ammetterlo: quando ho deciso di visitare la Laguna di Truk ero sì attirato dai relitti della Marina Imperiale giapponese che si trovano sui fondali, ma soprattutto avevo letto che lì vicino si trovava Shark Island, 15 minuti di barca. Un’immersione a 18 metri e che portava a vedere almeno una dozzina di squali.
Shark Island è una cosiddetta cleaning station. Lì vivono molluschi e piccoli pesci che sono specializzati nel rimuovere i parassiti dal corpo dei pesci più grandi. Insomma: il paradiso di un subacqueo come me.
Quando sono andato al Dive Shop del Blue Lagoon Dive Resort dove alloggiavo, ho visto un cartello che mi ha mandato subito in paranoia: a partire dal 15 novembre non si effettuano più immersioni con gli squali.
“Perché” ho chiesto a Tryvin Aisek, il figlio di Advin Aisek, il titolare della struttura e il figlio del leggendario Kimiuo Aisek, colui che ebbe la stessa idea di Tom Keen ma una quarantina di anni prima e del quale parliamo tra un attimo. Tryvin, che non è proprio una persona espansiva, mi ha risposto che gli squali stavano diventando aggressivi, quindi non era il caso. Lì per lì, volevo tornare a casa. Sensazione cresciuta dopo una prima ispezione del Resort e la sentenza di mia moglie: “Forse era meglio fare 2 notti in più a Bohol”. Il Blue Lagoon non è in effetti proprio attrezzato per la vita da spiaggia.

A Shark Island è successo che i sub hanno iniziato ad andarci sempre più di frequente e gli squali, prevalentemente squali di barriera, hanno iniziato a fare le loro operazioni di pulizia sempre più nascosti. Allora qualcuno ha avuto la bella pensata di iniziare a dare da mangiare agli squali e quando qualcun altro si è immerso senza offrire nulla da mangiare, gli squali hanno cominciato a diventare scorbutici. Dico: proprio il 15 novembre, dovevate sospendere? Perché non il 15 gennaio? Lo sapete che è la seconda delusione da osservatore di animali al vertice della catena alimentare che incasso in questo viaggio, dopo quella relativa alla tigre di Sumatra?
Tryvin, sempre mostrando ben poca empatia, aveva provato effettivamente a consolarmi, dicendo che in fondo spesso gli squali si trovano attorno ai relitti. Ma ve lo dico subito: non ne abbiamo visto nemmeno uno. E questa volta le mie manovre scaramantiche non sono servite.
A peggiorare il mio umore c’è stata la mattina dopo la scelta del materiale per le immersioni. Con l’acqua a 27 gradi, io non uso la muta. Per fortuna, perché non avrebbero mai avuto la mia misura. A mala pena avevano le pinne della mia misura. Infatti, quelle che ho portato il primo giorno mi hanno mezzo scorticato le dita del piede destro. Come maschera avevo la mia, ma il primo giorno continuava a riempirsi d’acqua. Nella confusione del dopo immersione l’ho persa e me ne sono ritrovato il giorno dopo una di quelle del dive shop, che non si riempiva d’acqua. Insomma, ci ho guadagnato. Il primo giorno in compenso sono sceso anche con troppo peso, perché ho fatto confusione con libbre e chili. Ma non voglio parlare delle immersioni nello specifico adesso e concluderò quindi che il primo giorno è stato rivedibile, ma che nel complesso l’esperienza è stata memorabile (pur costosa: la doppia immersione se la fanno pagare 115 dollari). Come detto, ci torneremo.

Una significativa foto di Kimiuo Aisek ormai anziano
Una significativa foto di Kimiuo Aisek ormai anziano

La vita al Blue Lagoon ruota tutta attorno alle immersioni. C’è anche chi ne fa 3 al giorno, ma io con 2 sono tendenzialmente soddisfatto. Allo shop sono più o meno tutti simpatici come Tryvin, a parte Ardvin. Che per la verità mi ha rimproverato il primo giorno per come stavo assemblando la cintura dei pesi, salvo poi diventare sempre più gentile con il passare dei giorni. E’ un po’ lo stesso atteggiamento che ha il personale di sala del ristorante. Dove si mangia benissimo, ma certo le cameriere non sprizzano efficientismo e fanno pochissimo per meritarsi la mancia.
Il pericolo principale del ristorante è Dianne M. Strong (detta Metgot), una signora anziana ma in perfetta forma e soprattutto incline alla chiacchiera. Si tratta di una insegnante di Inglese dell’Università di Guam in pensione. Nel 1973 aveva conosciuto con il marito Ronald (un ambientalista marino) Kimiuo Aisek e successivamente ha guidato ben 14 spedizioni di immersione sui relitti. Ha poi scritto Witness to war, la biografia di Kimiuo. La signora si aggira con il libro sotto braccio, pronta a illustrarne la genesi a chiunque dimostri di conoscere la lingua Inglese. Non smentendo la propria carica umana, Tryvin l’ha definita: The lady that does many many talking. Non un Inglese perfetto il suo, ma piuttosto chiaro: vuole dire che chiacchiera troppo.

Visuale dal Blue Lagoon Resort
Visuale dal Blue Lagoon Resort

Visto che, se mi ci metto, sono espansivo come Tryvin, ho evitato di fare domande alla signora e ho cercato le informazioni su Kimiuo sul sito del Resort. Classe 1927 (è morto nel 2001), è il fondatore dell’industria delle immersioni a Truk. Per questo è (dal 2009) nella Hall of Fame dello scuba diving.
Kimiuo era al servizio dei giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Perché la storia di Truk come miglior posto al mondo per le immersioni sui relitti inizia il 16 e 17 febbraio del 1944, quando la Marina degli Stati Uniti lanciò quella che è passata alla storia come Operazione Hailstone. Approfondiamo sull’argomento con il prossimo articolo. Per ora basterà dire che Kimiuo era un ragazzo di 17 anni. I giapponesi avevano assunto il controllo della Laguna nel 1914, quindi lui non conosceva alternativa alla presenza nipponica. Nessuno in Micronesia aveva idea di cosa potesse essere un bombardamento, ma a Truk lo avrebbero imparato purtroppo bene.

La Laguna di Truk bagna l’isola di Weno, parte di Chuuk, uno degli Stati Federati di Micronesia (gli altri sono Yap, Pohnpei e Kosrae). La nazione è nata nel 1979 e ha recentemente rinnovato un patto di libera associazione con gli USA. La valuta in uso è non a caso il dollaro. Geograficamente siamo in Oceania, precisamente nelle isole Caroline. Della Micronesia (parlo dal punto di vista geografico) fanno parte anche Guam (USA, come abbiamo visto), Saipan, Tinian e Rota (USA Commonwealth), che sono le isole Marianne. Ne fa parte anche Palau, un’altra delle isole Caroline, che nel 1979 decise di non aderire agli Stati Federati.
La regione è detta Micronesia perché formata da tante isole piccole. La definizione è dell’esploratore francese Jules Durville. Prima di finire sotto l’influenza giapponese, la zona era stata sotto la dominazione spagnola. I primi abitanti di Weno furono comunque i discendenti della dinastia Saudeleur, originaria di Yap.

9-CONTINUA

1-INIZIO DALLA FINE     2-MOMPRACEM NON E’ POI COSI’ VICINA
3-LA VISITA DI KUALA LUMPUR    4-SUMATRA, DOVE MORI’ NINO BIXIO
5-L’INCONTRO CON L’ORANGO    6-IL BAGNO DEGLI ELEFANTI
7-LE FILIPPINE    8-GUAM E I “SOLDATI FANTASMA” GIAPPONESI