Non è che chi ordina i ‘bunt’ sia poi così cattivo

BASEBALL, SPORT

Sabato 11 giugno ero allo stadio “Cavalli” di Parma. Si giocava la decima ripresa tra Cariparma e Unipol Bologna. Ultima gara di una serie decisamente classica; tanto per dire, nel 2010 ha assegnato (alla settima partita) lo scudetto del baseball italiano. In prima base per il Cariparma c’era Marco Yepez, professionista venezuelano che è stato tra i migliori giocatori del campionato 2010. Era arrivato salvo grazie ad un bunt a sorpresa. Alla battuta c’era Leo Zileri, uno dei giocatori di scuola italiana più quotati della Italian Baseball League. A lui il manager ha chiesto un bunt di sacrificio, che Zileri non è stato capace di eseguire: per 2 volte consecutive, ha colpito male la palla e l’ha mandata in territorio  foul. Con 2 strike nel conto, è stato lasciato libero di girare la mazza. Con scarsi risultati.

Luca Scalera del Cariparma pronto ad eseguire un bunt (C. Benedetti/Oldman)Non dico che se Zileri avesse eseguito bene il bunt il Parma avrebbe vinto. Nemmeno che avrebbe pareggiato. Ma di certo, si sarebbe trovato con Yepez in seconda e un solo eliminato.
Per completezza di informazione, dico anche che ho sentito la seguente versione dei fatti: Zileri voleva contribuire alla vittoria della squadra con una battuta. Dopo tutto, il giorno prima aveva ottenuto un fuoricampo. Quindi non è stata la mossa giusta chiedergli un bunt.
Non commenterò più di tanto, ma lasciatemi dire che se un manager dovesse pensare alla volontà del giocatore non effettuerebbe mai una sostituzione e se bastasse la volontà per decidere le partite, saremmo tutti giocatori di Grande Lega.

Come dice Wikipedia, il bunt è “Uno dei perenni argomenti di discussione tra tifosi”. Non solo: nel suo (scritto a 4 mani con Buzz Bissinger) libro “Three nights in AugustTony La Russa (che ha recentemente festeggiato la sua partita numero 5.000 da manager di Major) dice che se volete far passare una sera è sufficiente pronunciare le parole bunt, batti e corri o rubata di fronte a 2 coach di baseball: andranno avanti ore a discuterne.
Dopo che nel 2003 è stato pubblicato il libro “Moneyball” di Michael Lewis (da cui è stato tratto un film che dovrebbe uscire in Italia il 25 novembre), la strategia del bunt ha goduto di scarsa popolarità. Il general manager degli Oakland A’S Billy Bean (che nel film sarà interpretato da Brad Pitt) ha viste amplificate dal best seller le sue convinzioni (supportate da analisi statistiche accurate) sul fatto che determinate strategie non sono così utili come sembra. Stando a Beane, tentare di rubare una base, ad esempio, spesso non vale il rischio di perdere un corridore (non una grossa novità, tanto che la maggioranza dei tentativi avvengono con 2 eliminati, proprio per minimizzare il rischio) e il bunt è un modo come un altro per regalare un out agli avversari.

In Italia c’è una scuola di pensiero che ha estremizzato questo approccio e che ora mette al pubblico ludibrio qualsiasi manager che utilizza il bunt al di fuori di casi straordinari.
Personalmente, io mi sento un moderato. Nel senso che non trovo che il bunt sia particolarmente geniale e nemmeno che sia particolarmente stupido. Semmai, trovo sbagliato ordinare il bunt a chi (palesemente) non ha ancora capito che lo scopo di questa azione è mettere la palla a terra non troppo vicina ai difensori, non strappare l’applauso al pubblico, e trovo che il bunt non si adatti a tutte le situazioni di gioco. In effetti, lo trovo utile solo nei casi in cui ci possiamo accontentare di un punto (siamo in parità o in vantaggio minimo) o abbiamo estrema necessità di segnarlo (se non segniamo, perdiamo; in questo caso utilizziamo al limite il cosiddetto squeeze play o bunt suicida) o poche probabilità di segnare in altro modo e non vogliamo perdere l’occasione (prima e terza base occupate, zero out e un rilievo fortissimo in pedana; parliamo del safety squeeze, gioco che io e Tony La Russa amiamo molto, ma che in Italia non è nemmeno preso in considerazione).

Non credo che il bunt possa essere giusto o sbagliato a priori. Così come non credo che un bunt ben eseguito abbia mai fatto perdere nessuno. Più in generale, voglio sottolineare come non possa esistere una strategia (nel baseball, come in ogni sport) giusta per forza. Lo sport dipende molto dalla casualità. Essendo un gioco di probabilità e percentuali (anche quella che chiamiamo media battuta, in verità, è una percentuale e non una media), il baseball nel lungo periodo premia chi gioca puntando sul fatto che accadrà la cosa più probabile. Ma nella singola partita, o nella singola azione ancora di più, questi calcoli spesso e volentieri si vanno a far benedire.
Tornando a sabato 11 giugno a Parma, quando si è al decimo inning bisogna pensare giocata per giocata quale può essere la cosa migliore da fare. Probabilità, convinzioni, discussioni e “Moneyball” non aiuteranno. Al limite, è meglio puntare più sul… fattore c che sugli scouting report, in determinate situazioni.

Tony La Russa mi disse una volta che un vero manager ogni tanto deve fidarsi del suo istintosaper sorprendere. Magari, anche con qualcosa di irrituale. Sarà forse per questo che i giocatori di baseball che sono stati in una squadra allenata dal nostro Tony si dividono in 2 categorie: quelli che pensano che La Russa sia un incompetente e quelli che lo considerano il miglior manager per cui hanno giocato.
Io, in conclusione, ci tengo a dire 2 cose ancora. La prima è che se il baseball fosse una scienza esatta, sarebbe meno divertente. La seconda è che “Moneyball” è un po’ come i libri di Nietzsche: andrebbe vietato alle menti troppo facilmente influenzabili.

2 thoughts on “Non è che chi ordina i ‘bunt’ sia poi così cattivo

  1. Anche io ero allo stadio.. se quel bunt fosse andato bene magari avremmo passato tutto il weekend ad elogiare le scelte di Gerali.. Ci ha provato: stavolta è andata male
    Infatti, il bunt in quella situazione era la strategia più logica

  2. Riccardo non è che come dici tu “In Italia c’è una scuola di pensiero che ha estremizzato questo approccio e che ora mette al pubblico ludibrio qualsiasi manager che utilizza il bunt al di fuori di casi straordinari” ma esiste una frangia di tifosi che, fra cui anch’io, non concepisce l’ostenzazione del bunt, quasi a testimoniare la mancanza di strategia (leggi incapacità) da parte di molti mamager, a tal proposito ricorderai il nostro scambio di mail durante la diretta di Grosseto
    Diversamente mi vedo in accordo con il tuo essere moderato

    ciao

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