Perchè Nettuno…è Nettuno

BASEBALL, SCHIROPENSIERO, SPORT

Stavo allegramente ciabattando per il lungomare di Nettuno con le mie infradito, quando mi sono venute in mente un sacco di cose. La prima: non che io abbia mai completamente assorbito la camminata nettunese, ma faccio del mio meglio. Ci provo da Il Borgo Medievale di Nettuno visto dal lungo maresempre, o almeno da quando qui a Nettuno il lungomare era appena stato deturpato dalla brutta speculazione edilizia di Scacciapensieri, il Borgo Medioevale era un luogo malsano e lo “Steno Borghese” non esisteva ancora: allo stadio del (come dicono qui) baseball (che più tardi avrei soprannominato “il pollaio”) si entrava dall’ingresso con i 5 cerchi olimpici. Che è ancora lì, a ricordarmi quegli anni. Anche se adesso si entra da un’altra parte.

Alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo i nettunesi le infradito le mettevano già. Solo che costavano poche migliaia di lire e non 45 euro come quelle griffate (ma si possono griffare delle infradito, mi chiedo?) di oggi e nessuno si era mai sognato di considerarle di moda. Allora, io le infradito facevo fatica a portarle e preferivo una più classica ciabatta (ciavatta, nello slang indigeno). Ero strano per questo e per altre cose: ad esempio, costringevo i miei genitori a portarmi allo stadio (noi dicevamo al campo) mentre tutti gli altri ragazzini (coi rispettivi genitori) andavano al mare e aspettavo Giampiero Faraone alla fine degli allenamenti (non penso che lui si ricordi) per esprimergli i miei giudizi sulla sua squadra.
Faraone, alla mia precisa domanda: “Ma perchè il Nettuno non vince lo scudetto dal 1973?” rispose con un laconico “Regazzì, qui c’è il mare”. Misi in saccoccia la risposta e tornai da mia madre per chiederle: “Cosa vuol dire, che c’è il mare”.
Pietosamente, la signora Mirella si arrampicò sugli specchi e se ne uscì con una motivazione meravigliosa: “Eh, i giocatori vanno in spiaggia prima delle partite e fanno il bagno. Così arrivano al campo stanchi…lo sai anche tu, che il mare stanca”.
Faraone non intendeva, immagino, quello che succedeva in spiaggia prima delle partite, semmai quello che succedeva dopo (in spiaggia o in luoghi più appartati). E da parte mia, io ero poco convinto che il mare “stancasse”, visto che (allora come anche oggi) ero praticamente una creatura anfibia.

Con la sua risposta, mia madre probabilmente dimostrava di sottovalutare il fatto che per me era arrivato il tempo dei primi turbamenti. Guardare  le ragazze, e peggio ancora interagire con loro, era un fastidio in più per me, che ero già disturbato dal ruolo di quello bravo a scuola, che mi sembrava danneggiasse le mie possibilità di emergere nel baseball e non avevo bisogno di altre distrazioni. Trovavo più accettabile soddisfare la mia curiosità leggendo i fumetti del “Lando” e del “Tromba”, che compravo di nascosto e senza sapere che un giorno avrei fatto telecronache di baseball con quello che quei fumetti li disegnava.Nettuno è innegabilmente la ciittà del Baseball
Può suonare incredibile, ma in quegli anni Nettuno non era una città di mare. I nettunesi erano tutti presi dal recupero del Laghetto (ci devo tornare in pellegrinaggio, prima o poi) e dalla coltivazione della rispettiva Vigna (un po’ tutti, facevano il vino; quasi nessuno, lo faceva buono). Noi ragazzini, anche io che secondo gli altri parlavo strano, le vigne le usavamo a diversi scopi. Non ultime, le gare di corsa tra i filari, nelle quali (pur essendo un po’…in carne e quindi lento) mi piazzavo anche benino, perchè avevo acquisito una buona tecnica nel tagliare le curve. Quelle gare, si svolgevano rigorosamente a piedi nudi e i più ammirati tra i miei compagni, scalzi ci andavano anche per le strade non asfaltate del circondario.

Nettuno allora era lontano. Da Parma, intendo. E Nettuno (qui intendo il centro) era lontano anche da dove vivevano i miei zii, che mi hanno ospitato estate dopo estate, fino a che un bel giorno ho iniziato a viaggiare per conto mio e Nettuno è uscita momentaneamente dal mio circuito. Adesso che ci penso, il centro era un luogo quasi ostile, perchè non ci si poteva arrivare a piedi. Il confine del nostro mondo era il Poligono, la struttura militare che la domenica invadevamo bellamente per camminare qualche chilometro e andare a fare le cozze (slang), staccandole dagli zatteroni usati per lo sbarco alleato, e le telline (specie di vongole), ‘arando’ il mare con i piedi in acqua fino alle caviglie (da qui, l’espressione nettunese che saluta l’avvento dei cosiddetti pinocchietti: “Che vai, per telline”).

Chi mi aveva conosciuto come ragazzino, mi ha rivisto un bel giorno come uomo con un microfono in mano.
Mi è toccato anche sentire che “tu ce l’hai con il Nettuno”. A parte che la mia unica colpa è sempre stata dire “Il Nettuno ha perso” quando ha perso e “Il Nettuno ha giocato male” quando pensavo che avesse giocato male. Ma non potete immaginare quanto ha fatto male, alla memoria di quel ragazzino in carne che non riusciva a portare le infradito, sentire quella insinuazione

Mi ha fatto tanto male, che ad un certo punto ho persino avuto la sensazione che per me Nettuno sarebbe diventata una città come un’altra, senza un particolare legame.
Ma non è così. Nettuno…è sempre Nettuno. E’ sempre casa mia. Ne ho avuto la conferma quando il mio ristoratore preferito, per nessuna ragione particolare, mi ha detto: “Posso permettermi di offrirti quella miseria che hai consumato”.
A parte che non era tanto una…”miseria” (le mia fauci non invecchiano…), ma il gesto mi è sembrato comunque bellissimo. Caro Folle, non ricordo neanche il tuo nome di battesimo. Ma certamente ho ben presente che la tua cucina e i tuoi modi mi aiutano a sentirmi sempre a casa a Nettuno. Seduti ai tavoli del tuo locale, sono ancora quel ragazzino che faceva fatica a portare le infradito.

2 thoughts on “Perchè Nettuno…è Nettuno

  1. bravo riccardo ..continua così….ti posso assicurare che a nettuno non sei un intruso. ciao a presto
    Grazie, apprezzo molto questo commento

  2. è sempre così, quando abbandoni e poi ritrovi i luoghi della tua adolescenza, ti sembra di essere un intruso. anche se poi scopri che non è così

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