Questa volta inizio dalla fine

Malesia, Indonesia, Filippine e Micronesia 2015-2016, VIAGGI

E’ il momento di raccontare il mio viaggio invernale. Quest’anno non riesco a prevedere quanto scriverò, perchè ho veramente moltissimi appunti. So però che devo iniziare dalla fine, perchè a suo modo il viaggio di ritorno è molto interessante e anche perchè preferisco affrontare per primo l’argomento più fastidioso

Foto ricordo quando pensavo di lasciare Chuuk
Foto ricordo quando pensavo di lasciare Chuuk

Martedì 5 gennaio ho fatto 2 commenti azzardati: uno in una chat di Whatsapp a un amico ed esprimeva il mio “rammarico” per l’inizio del viaggio di ritorno. L’altro sul mio Diario di viaggio, dove ho appuntato le seguenti parole: “verso Manila”.
Quando inizia il viaggio di ritorno dopo una lunga permanenza lontano da casa di solito si prova sollievo. E’ vero che finisce la vacanza ma, si inizia anche a pregustare il piacere di condividerla, specie se è andato tutto bene. Io di solito alla fine di un viaggio (sia di lavoro che di piacere) ho la biancheria contingentata, tutti i vestiti (ormai sporchi) divisi in borse di plastica e il fondo della valigia pieno di ricordi. In viaggio conservo cose che non ha nessun senso riportare a casa (tipo i pieghevoli di un’attrazione che magari ho documentato con 200 foto), ma tendo anche ad acquistare libri che rendono poi la valigia pesantissima. E che comunque vanno collocati sul fondo. Perché non è mica uno scherzo, preparare una valigia…

Tornando a martedì 5 gennaio, estraggo dal mio Diario: “Ha piovuto tutta notte e la mattina ci ha accolti con un cielo bigio e residui di pioggia”. Scrivevo dal Blue Lagoon Resort di Chuuk (Stati Federati della Micronesia; se non avete bene idea di dove si trovino, è comprensibile: parliamo delle isole Caroline, poco sopra l’Equatore nell’Oceano Pacifico, a nord della Nuova Guinea), dove esprimevo anche una strana sensazione, commentando che il 7 gennaio avrei dormito nel mio letto “se tutto va bene”.
Il percorso dal Resort al piccolo aeroporto di Chuuk è di soli 4 chilometri, ma per completarlo serve una bella mezz’ora. La strada è tutta una buca e la pioggia ha fatto delle più profonde dei veri e propri stagni. Nel quadro del fuoristrada che ci sta portando a destinazione, quando guadiamo si illumina di tutto.
Arriviamo con largo anticipo all’aeroporto. Il check in è veloce, i controlli di sicurezza scrupolosi (transitiamo da Guam, quindi territorio degli Stati Uniti d’America) ma con almeno un’ora e mezzo di anticipo siamo al gate di partenza. Osservo la popolazione locale: molti hanno il capo cinto da ghirlande di fiori e quasi tutti, anche ragazze molto giovani, sfoggiano denti d’oro. Io in compenso non ho più un soldo spendibile (la valuta usata è il dollaro USA), ma in compenso ho le tasche piene di pesos filippini, in vista del fatto che devo trascorre una notte a Manila. Insomma, è ora di partire.

Un AirBus United ci ha alla fine riportati a Guam
Un AirBus United ci ha alla fine riportati a Guam

Però non si parte. Prima arriva un annuncio preoccupante: “In caso di peggioramento del tempo, potremmo essere costretti a cancellare il volo”. Poi il tempo non peggiora, ma il volo viene cancellato. L’aereo decollato da Phonpei (altro Stato Federato della Micronesia) andrà direttamente a Guam, saltando Chuuk.
“Tornate in albergo, vi faremo sapere” è la comunicazione della United Airlines, unico vettore che collega Chuuk con Guam. Con una precisazione: “Visto che la cancellazione è dovuta al maltempo, la United non è responsabile”.
Personalmente, ho visto aerei decollare e atterrare in condizioni ben peggiori. Non piove, c’è poco vento, la visibilità apparentemente è di chilometri. Ma mentre parliamo, l’aereo veleggia per Guam e c’è poco da discutere.
Al Blue Lagoon la serata è surreale. Dopo aver osservato che “succede spesso”, ci ridanno la nostra stanza 302, che nel frattempo nessuno ha ripulito. Chiedo almeno il cambio salviette, visto che ci faranno pagare il prezzo pieno. Provo a recuperare la schiuma da barba che avevo buttato (bomboletta quasi esaurita), ma non è più nel cestino: qualcuno nella stanza c’è entrato. Provano a passarmi una telefonata, ma non funziona nemmeno l’apparecchio. Così devo andare alla reception per rispondere. E’ l’agenzia viaggi che aveva prenotato i nostri voli, che ci informa del fatto che ripartiremo giovedì 7 gennaio. Questa è la cosiddetta buona notizia. Quella cattiva è che la British Airways non ha posto sul volo per l’Europa da Kuala Lumpur fino al 10 (e dobbiamo essere contenti: in un primo tempo, si era pensato al 12…). Quella cattivissima è che il volo Manila-Kuala Lumpur lo dobbiamo ricomprare. Do tutte le direttive del caso e do il mio numero della mia carta di credito all’agenzia.

A questo punto, forse mi devo spiegare un po’ meglio. A Chuuk eravamo per fare immersioni. Altre immersioni non ne possiamo programmare, perché dobbiamo mantenere le 24 ore di distanza da un volo per questioni di sicurezza (il tempo per smaltire l’azoto che si respira con le bombole).
Il nostro programma originario di viaggio prevedeva un volo a Manila (Filippine) via Guam, il pernotto a Manila, un volo (Asia Air) per Kuala Lumpur e poi il cambio di terminal per imbarcarsi su un volo British Airways per Londra, dove ci sarebbe stata la connessione per Bologna. Con il pernotto a Manila, credevamo di aver ridotto ogni rischio per la connessione con il volo intercontinentale. Ingenui.

Operazioni di riconsegna bagagli a Chuuk
Operazioni di riconsegna bagagli a Chuuk

La mattina del 6 gennaio al Blue Lagoon ci informano che la United ha deciso di farci partire la sera stessa. Verso le 16 andiamo verso l’aeroporto, dove in un primo tempo ci dicono che non siamo prenotati sul volo di quella sera, ma poi ci inseriscono. La United ci prenota anche un albergo a Guam e, con la solita ora di anticipo, siamo al gate. Questa volta l’annuncio è: “Tra 20 minuti atterra l’aereo”. Poi di minuti ne passano 20, 30, 40 e non atterra nessuno. Arriva un delegato United con faccia di circostanza e dice che, a causa di un “problema tecnico”, il volo ha proseguito per Guam.
“Quale sarebbe il problema tecnico che impedisce di atterrare, ma consente di fare 2000 chilometri sull’Oceano per arrivare a Guam?”.
E’ la mia domanda. Preceduta da un perentorio: “Siete più pieni di merda di un rodeo”. Che fa inorridire una turista svizzera, ma mi rende l’idolo dei locali.
Chiedo di mettermi per iscritto quale è stato il problema tecnico e chiedo il bollettino meteo del giorno prima: “Aspetto qui, ho tempo tutta la notte”.
In verità, mi trasferisco ben presto in albergo (non più al Blu Lagoon, ormai chiuso). Non ho detto “vado a dormire”, perché in effetti l’hotel vicino all’aeroporto è aperto, ma la persona incaricata di fare i check in se n’è andata. Così la vanno a riprendere a casa e, fatti i conti con la lentezza della signorina (tirata giù dal letto…) ci danno le stanze. Bevo dal frigo bar senza nessuna intenzione di pagare.

Il check in inizia in aeroporto alle 7, come anche la colazione (inclusa) dell’hotel. Quindi arriviamo all’aeroporto che sono ormai le 7.30. Per la terza volta siamo accettati sul volo, osserviamo i locali incartare (con grande spreco di nastro adesivo…) le cose più svariate da trasportare, incluso pesce (si può immaginare l’ odore…). Per farsi perdonare la United ci sistema in business fino a Guam e mi consegna la letterache avevo chiesto. Non il bollettino meteo, però: “Non abbiamo accesso”.
Questa volta l’aereo arriva e riparte. Arriviamo a Guam, “dove inizia la giornata degli Stati Uniti” (nel senso che è il primo territorio USA in cui sorge il sole; vi parlerò di quest’isola nella cronistoria vera e propria del viaggio). Alle 20 decolliamo da Guam per Manila, dove arriviamo puntuali.
Anche a Manila comunque c’è una sorpresa. L’agenzia ha aspettato a prenotare il volo Asia Air per Kuala Lumpur fino a quando i posti sono stati esauriti. Il corrispondente locale dice che “faremo tutto domani”, ma vuole i soldi in anticipo, per prenotare. Al che decidiamo di arrangiarci. L’unico volo diretto (Malaysian Airlines) per Kuala Lumpur costa 800 euro. Ci mettiamo al computer e compriamo 2 voli (Tiger Air, aveva solo 4 posti liberi…) via Singapore con una comoda partenza alle 6.05 della mattina di sabato 9 gennaio. Non senza un altro momento di panico: la mia American Express viene rifiutata per il pagamento. “Lo abbiamo fatto per la sicurezza della sua carta” diranno. Cioè: visto che io di solito non sono a Manila, bloccano la carta non si sa mai. Bisognerà che ci spieghiamo anche con questi signori.

Momenti importanti: il recupero della valigia. Notare, a destra, il pass
Momenti importanti: il recupero della valigia. Notare, a destra, il pass

Dopo una giornata a Manila (anche di questo vi racconterò) e una interessante sveglia alle 3.30, ci possiamo imbarcare per Singapore. Una volta arrivati, passiamo le ore che ci separano dall’imbarco per Kuala Lumpur nella piscina dell’aeroporto. In uno dei prossimi articoli scenderò più nei dettagli, ma vi anticipo subito che non ho mai visto un aeroporto lussuoso come quello di Singapore.
Quando saliamo sull’aereo che ci porterà a Kuala Lumpur siamo di buon umore. Ma dura poco: a Kuala Lumpur non arriva la mia valigia e la delegata di Tiger Air rischia di farmi sbroccare quando afferma: “Beh, sarà al nastro 6, come le altre…”.
La valigia arriva il giorno dopo. Me lo fa sapere un certo Marshall (che si definisce un navigator dello staff dell’hotel Renaissance, nostra residenza malese), che riesce a parlare con l’ufficio Lost&Found dopo non poche difficoltà. Mi dà anche l’informazione che non mi verrà consegnata la valigia in albergo, ma che posso recuperarla io. E così faccio: mi procuro un pass provvisorio, entro agli arrivi da dove gli altri escono e torno in possesso della mia valigia.
E’ così che domenica 10 gennaio sono potuto ripartire verso l’Europa. Esattamente 4 giorni dopo rispetto al piano originario.

1-CONTINUA