I Red Sox, l’addio a Buckner e la paura di perdere Pedroia

BASEBALL

I Red Sox restano terzi nell’American League Est. Hanno un record di 2925 e hanno (con una partita giocata in più) 7 sconfitte in più degli Yankees e (con 3 partite giocate in più) 6 sconfitte in più dei Tampa Bay Rays. I Rays guidano anche la classifica per i 2 posti che garantiscono lo spareggio per una Wild Card verso la post season. Boston è appaiata agli Oakland A’S e ha 2 sconfitte in meno (con una gara giocata in più) dei Cleveland Indians (2627). E sono ancora pienamente in lizza i Texas Rangers (2526) e forse anche i Los Angeles Angels (2429).

Senza drammatizzare, visto che siamo ad un terzo scarso di stagione, le prossime 2 sfide a Fenway con gli Indians sono piuttosto importanti. Ma ancora di più lo sono le 4 partite di New York con gli Yankees, che occuperanno tutto il week end e precederanno il giorno di riposo di lunedì 3 giugno.

Oggi però dobbiamo prendere atto di una svolta storica nella storia recente dei Red Sox. Dustin Pedroia ha infatti interrotto il periodo di riabilitazione in Doppio A e Boston lo ha messo in lista infortuni per 60 giorni.

“Venerdì il dolore era tale per cui ho dovuto dire al trainer che mi toccava uscire” ha detto Dustin Pedroia nel corso di una conferenza stampa “Ero preparato a giorni difficili durante questo processo di recupero ma, quando mi sono svegliato sabato, il dolore non era passato. Purtroppo devo concludere che le condizioni del mio ginocchio non mi consentono di giocare tutti i giorni. C’è voluto un po’ di tempo per capirlo. Ci sono giorni in cui sto bene e poi, dopo un’ora, quasi non riesco nemmeno a camminare. Le ho provate tutte: dai brace alle terapie a incontri con vari specialisti. Ora ho bisogno di tempo per capire se sono ancora in grado di giocare 160 partite in 180 giorni.
Se penso a una nuova operazione? No”.

L’impressione è che la carriera di Pedroia sia alla fine.
Alla domanda se pensa di tornare a giocare, Dustin ha risposto “I am not sure”. Che in Inglese non significa “non ne sono sicuro”, ma più “in questo momento non ne ho un’idea”.

Pedroia ha tenuto a sottolineare che “non sarebbe giusto per la squadra, considerate le ambizioni che ha, avere un seconda base che non è disponibile tutti i giorni”.
Ha aggiunto: “Non ho avuto giorni liberi da molto tempo. Ho bisogno di una pausa per capire”.
Pedroia ha detto che nei Red Sox si sente “in famiglia” e sa che l’organizzazione “si preoccupa” per lui.

Il manager Alex Cora, che nel 2007 è stato compagno di squadra di Dustin, era alla sinistra di Pedroia durante la conferenza stampa. Ha detto che è convinto del fatto che Dustin abbia bisogno della pausa, “per sè stesso e per la sua famiglia”.

Il Presidente Baseball Operations Dave Dombrowski ha confermato che si tratta di una “decisione saggia” e ha tenuto a sottolineare che, comunque vadano le cose, “Pedroia vogliamo che resti nell’organizzazione per molto tempo a venire”.

La conferenza stampa di Dustin Pedroia

Pedroia sarà con la squadra fino a domenica a New York. Approfitterà del giorno di pausa per andare a casa per un “periodo indefinito” di pausa.
Classe 1983, originario della California del nord, Dustin Pedroia ha giocato 1.512 partite in Major League per i Red Sox, con i quali ha esordito nel 2006. Ha battuto 1.805 valide, con una media di .299 e una media di arrivi in base di .365. In difesa ha commesso solo 57 errori.
Pedroia è stato un leader delle squadre che hanno vinto le World Series 2007 e 2013.

Brock Holt, appena rientrato da una serie di infortuni, dovrebbe a questo punto essere il seconda base titolare dei Red Sox. Lunedì sera si è presentato con una grande prestazione contro gli Indians.
Holt (classe 1988) ha reso omaggio  al compagno infortunato: “Voglio bene a Dustin come non ho mai voluto bene a un altro compagno di squadra

Il contratto di Dustin Pedroia scade dopo la stagione 2021. Gli sono dovuti poco meno di 13 milioni a stagione.

Oggi è anche un giorno triste. I Red Sox, e tutto il mondo del baseball, piangono la morte di Bill Buckner. Avrebbe compiuto 70 anni a dicembre. Era ammalato di demenza dei corpi di Lewy, una malattia neurodegenerativa simile all’Alzheimer.

La notizia è stata divulgata dalla moglie Jody, che ha scritto: “Se n’è andato circondato dall’affetto della sua famiglia. Ha combattuto con coraggio e con la grinta che aveva da giocatore. Abbiamo il cuore distrutto, ma siamo allo stesso tempo in pace perché lo sappiamo tra le braccia del suo Signore e Salvatore Gesù Cristo.

A nome dei Red Sox l’azionista di maggioranza John Henry ha detto: “Siamo orgogliosi di aver avuto Buckner nei Red Sox. La perseveranza, la resilienza che ha mostrato per tutta la carriera onorano la nostra maglia”.

Come tutti sanno, Buckner è passato alla storia per il clamoroso errore di gara 6 delle World Series 1986.

Oggi che Buckner non c’è più, la cosa veramente importante è rendere chiaro a tutti quanto grande sia stata la sua carriera.
Buckner ha esordito in Major League nel 1969 ed è stato uno dei 5 atleti (con Fisk, Dempsey, Ryan e Reuss) a giocare almeno una partita in 4 decenni: anni ’60, ’70, ’80 e ’90.
Buckner arrivò ai Red Sox dopo 12 stagioni da oltre 100 presenze e una da 92 con i Los Angeles Dodgers, con cui aveva esordito, e i Chicago Cubs. Aveva uno stipendio da 750.000 dollari all’anno. Per gli standard della MLB di oggi sembra poca cosa, ma allora si trattava del doppio della media dell’American League. Con 18 fuoricampo e 102 punti battuti a casa fu grande protagonista nella squadra che vinse il pennant.

Buckner ha ottenuto 2.715 valide in carriera. Per dire: Ted Williams ne ha battute 2.654, Joe Di Maggio 2.214.
Buckner è stato il miglior battitore della National League nel 1980 (con i Cubs di Chicago) e nel 1981 ha giocato l’All Star Game.
Oltre a quelle del 1986 con i Red Sox, giocò le World Series 1974 con i Dodgers. Los Angeles perse in 5 partite contro gli Oakland A’S, che vinsero per la terza volta consecutiva.

Buckner effettuò il primo lancio cerimoniale dell’Opening Day della stagione 2008 per i Boston Red Sox Campioni del Mondo. Il pubblico di Fenway Park si riavvicinò a Buckler con una commovente standing ovation.

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