Il bilancio dell’Italia al World Baseball Classic 2017

BASEBALL, World Baseball Classic 2017

Facciamo a capirci: non è che adesso succede che passo per  quello che “non si sente rappresentato” da questa nazionale e gli zombie diventano i paladini della maglia azzurra.
Facciamo prima di tutto chiarezza sui termini: un baseball zombie non è un morto vivente con la mazza da baseball (tipo The Walking Dead), bensì un portatore di idee sul baseball che sono morte da tempo senza che lo zombie se ne sia accorto.
E ora lasciatemi essere chiaro: io sul World Baseball Classic la penso esattamente come la pensavo nel 2006, nel 2009 e nel 2013 (facendo click sugli anni, trovate le Cartoline che scrissi per il sito FIBS nelle 3 diverse edizioni).
Voglio però essere ancora più chiaro: non farò quello che “quando c’ero io, i treni erano in orario”. Ma sono un giornalista, quindi amo la verità. Provo dunque a fare il mio dovere e mi metto a cercarla.

Il bilancio dell’Italia al World Baseball Classic

Avevo scritto che uscire dal torneo con una vittoria doveva essere l’obiettivo dell’Italia e quindi il bilancio del World Baseball Classic 2017 della nostra nazionale deve per forza essere positivo. Certo, capisco il “non ho parole, dai” di Chris Colabello (nella foto di copertina, MG-Oldman, con il coach Sal Butera), che al canale YouTube della FIBS ha dichiarato: “Mi stava venendo un attacco di cuore…abbiamo giocando in modo più che straordinario”. Colabello ha poi aggiunto “torneremo lottando”, intendendo probabilmente “torneremo per lottare”. Questa è già una certezza e non è da poco: l’Italia è di diritto al tabellone principale del 2021. E’ una garanzia importante, anche per programmare il quadriennio olimpico: al momento, il Classic è la principale fonte di risorse esterne per la FIBS (dopo il CONI, ovviamente).
Sempre per citare me stesso: avevo scritto che, vincendo lo spareggio con il Venezuela, l’Italia avrebbe aggiornato il limite che sembrava raggiunto con il Classic 2013. Il primo a stupirmene sarei stato io, che consideravo concluso un ciclo con quella straordinaria impresa.  Che vedevo irripetibile. Oltretutto, allora l’Italia aveva eliminato Messico e Canada, squadre storicamente alla portata degli azzurri e qui si sarebbe lasciata alle spalle il Venezuela, uno dei paesi dove il baseball è sport nazionale.

Cancellare il passato è un errore tragico

Per dirla sempre con Colabello (sopra trovate il video): “Una linea presa qui, una là…se passano, siamo sull’aereo per San Diego”.
È giusto sottolinearlo: l’Italia è andata vicinissima all’impresa. Ma non ci è riuscita e l’edizione del World Baseball Classic con il miglior risultato resta quella del 2013. Come mai questo sfugga alla memoria, è un mistero. Quando l’Italia vinse con gli Stati Uniti nel 2007 a Taichung (Taiwan), ricevetti non poche e-mail che tenevano a puntualizzare “nulla a che vedere con la vittoria a Parma contro gli USA nel 1973”. Quando l’Italia vinse la medaglia di bronzo alla Coppa Intercontinentale 2010 (sempre a Taichung: si vede che porta bene…), ricevetti altrettante e-mail che tenevano a puntualizzare “nulla a che vedere con il quarto posto del Mondiale 1998”. Risposi con pazienza che si cercavano di paragonare epoche non paragonabili (si giocava con le mazze in alluminio, non erano ammessi i professionisti…) e che, comunque, quelle imprese erano nella storia del baseball italiano. Nessuno aveva intenzione di dimenticarle.
Tra il 2013 e il 2017 sono passati solo 4 anni. Il manager della nazionale è lo stesso, molti dei giocatori sono gli stessi. Quindi, questi 2 tornei sono paragonabili eccome. E la prima cosa che balza all’occhio (spareggio con il Venezuela a parte) è che i nostri lanciatori hanno concesso molti più punti, sia rispetto all’edizione 2013 che rispetto a tutte le altre. Nelle prime 3 partite gli azzurri hanno subito 29 punti, contro gli 11 del 2013 (dopo le 2 partite della seconda fase diventeranno 18), i 14 del 2006 e i 19 del 2009. Oltre al fatto che questa volta si giocava in altura (che conta), è ovvio che questa volta il nostro monte ha espresso meno qualità. Non a caso, questa rosa è quella con meno lanciatori abituati al livello MLB. Nel 2006 Galante e Faraone contavano su Grilli, Gallo, Miceli, Di Nardo e Fiore; nel 2009 Mazzieri contava su Ottavino, Grilli, Di Felice, Di Nardo, Serafini; nel 2013 aveva a disposizione Grilli e il miglior Maestri, visto che era diventato nella stagione precedente un partente delle Grandi Leghe giapponesi. In questa edizione avevano qualche esperienza di MLB 3 rilievi (Venditte, Layne e Morris; l’ultimo ha per la verità iniziato sul monte lo spareggio) ma nessuno partente. E’ chiaro che con Jason Grilli, Ottavino, Porcello e Odorizzi in rosa l’Italia avrebbe avuto uno staff di diverso spessore.
Ricordiamoci comunque che Italia 2017 ha fatto meraviglie in battuta. Per dire: nel 2013 aveva battuto un solo fuoricampo (di Butera), in questo torneo  ne ha colpiti 10 (3 Andreoli, 2 Butera e Liddi, 1 Segedin, Nimmo e Colabello). Quindi, è logico fare due conti e pensare a cosa avrebbero potuto ottenere gli azzurri con il supporto dei pitcher che ho citato sopra.
Come dice Morris: “Avevamo un tale spirito di squadra, che avremmo potuto vincere il torneo”.

I limiti dell’Italia

Per fare un’analisi sensata, bisogna rendersi conto di quali sono stati i limiti della nostra nazionale. Sempre tenendo conto del fatto che per larghi tratti gli azzurri hanno giocato oltre il 100%, arriviamo rapidamente a capire che nelle partite a punteggio basso tornano a ripetersi le stesse circostanze. Nel 2013 andò in confusione in difesa Granato e i rilievi (Sweeney, oggi pitching coach, Venditte e Pugliese) non riuscirono a fare i pompieri. Nel 2017 nessuno sembra essersi accorto del fatto che prima Descalso e poi Liddi hanno sbagliato tiri (a Liddi non può essere addebitato un errore, visto che nell’azione ha comunque ottenuto un out) che sarebbero stati decisivi per chiudere il sesto inning in vantaggio 1-0. Contro Messico e VenezuelaDa Silva, né Morris, né Venditte, né De Mark (4 dei rilievi più importanti) sono stati efficaci. De Mark, per la verità, non lo è stato neanche contro il Venezuela nello spareggio.

Marco Mazzieri nel dug out durante lo spareggio con il Venezuela (MG-OldmanAgency)

Marco Mazzieri

Mi ha sorpreso (quasi commosso) la stima che ha espresso per il nostro manager Josè Mota, telecronista di FOX. Forse, visto da fuori, si nota meglio la qualità del lavoro di Mazzieri. Ma vi posso dire che, anche visto da dentro dal 2007 al 2016, si nota abbastanza il livello di professionalità suo e del suo staff (con particolare riferimento al fisioterapista Massimo Baldi e al preparatore atletico Gianni Natale). Se non bastasse il fatto che Mazzieri ha guidato l’Italia in 3 World Baseball Classic, passando il primo turno nel 2013, vincendo sempre almeno una partita, forse occorrerà ricordarsi anche dei 2 Europei (2010, 2012) vinti in sequenza (l’ultima volta era successo ad Ambrosioni: 1989 e 1991) e tornare a leggere sopra a proposito del bronzo all’Intercontinentale.
Non è che io sia stato d’accordo con Mazzieri su tutto quello che ha fatto. Non aver inserito Grilli contro Portorico al Classic 2013 fu secondo me un errore (e ringrazio la pazienza di Mazzieri per aver ascoltato infinite volte la mia tesi sui closer). In una discussione su Facebook, ho letto che un utente (che scrive da un profilo per altro sospetto…intendo: non credo sia chi dice di essere) lo accusava di non aver chiamato bunt a Colabello all’ottavo dello spareggio. E’ vero che subito dopo Colabello ha battuto in doppio gioco, è vero che la situazione era quella tipica del bunt di sacrificio, ma siamo sicuri che far eseguire a Colabello una smorzata sotto pressione fosse una buona idea? Dalle statistiche vita di Colabello risulta che nelle sue 225 partite in Grande Lega non ha mai esguito un bunt e nelle 352 che ha giocato nelle Minors ne ha messo in terra 1 (lo scorso anno in Triplo A). Per trovarne un altro eseguito con successo, bisogna risalire alla stagione 2010, quando giocava nella indipendente CanAm League. Son numeri che vorranno pure dire qualcosa. Il baseball sul campo non è quello alla play station: per fare bunt, bisogna colpire la palla, non solo decidere di farlo. Nel caso specifico, contro un rilievo come Alvarado, che ha una media di 13 strike ottenuti ogni 9 riprese giocate nel campionato venezuelano.
Comunque, Mazzieri ha annunciato che lascerà la nazionale. Personalmente, trovo incredibile che la FIBS possa accettare di disperdere l’esperienza di un tecnico di questo livello senza fare nulla per trattenerlo.
Ho pensato di riportare le belle parole che Marco Mazzieri ha detto in conferenza stampa dopo Italia-Portorico: “I risultati, le vittorie e le sconfitte, restano nei libri. Ma le emozioni di questi anni saranno con me per sempre”

L’eredità del Classic e la crescita del nostro baseball

Sempre per il fatto che il passato non insegna nulla, adesso si ricomincerà con la consueta litania di soluzioni per far crescere il baseball nel Belpaese. Io penso che ci sia una sola strada: far giocare di più e a più alto livello i giovani migliori. Siamo tutti d’accordo? Mica tanto, perché il nostro massimo campionato giocherà nel 2017 solo 2 partite a settimana e non esiste un contesto nel quale si possa lavorare sullo sviluppo dei giocatori.
Ricordo quando Bill Holmberg, responsabile tecnico dell’Accademia FIBS, disse a un giornalista giapponese: “In Italia ad allenarci siamo i più bravi del mondo…”.
L’unica strada, lo sostengo da anni, è quella di creare un campionato per i prospetti in autunno e inverno (potrebbe essere co finanziato dai club e dalla Federazione). Se sembra troppo ambizioso, si possono selezionare i migliori per mandare una squadra (o anche 2) all’Instructional League dei  club MLB. Bisogna anche ricordarsi che con l’equazione “giocando di più si migliora” i conti non sempre tornano. Si migliora se si hanno le qualità. Se no, si diventa giocatori scarsi che hanno giocato molto. E ve lo dice un ex giocatore scarso.

Le Olimpiadi

Il Presidente federale Andrea Marcon ha dichiarato al canale YouTube della FIBS che “il lavoro dei prossimi anni sarà finalizzato alla qualificazione per le Olimpiadi di Tokyo”.
Sotto trovate l’intervista integrale.

Quel che dice Marcon è giusto. Ma non si può ripartire dal World Baseball Classic. Prima di tutto, non si ha ancora un’idea di quali giocatori la MLB metterà a disposizione (siamo fermi a quelli fuori dal roster dei 40) e secondariamente, alle Olimpiadi le regole sulla eleggibilità sono più rigorose e non è detto che tutti i giocatori disponibili per il Classic lo siano anche per i Giochi.

La domanda al baseball italiano

Avevo già posto una domanda al baseball italiano nell’articolo di presentazione di Italia-Messico e non ho ricevuto risposte. Non soddisfacenti, almeno.
Sembrerebbe che a molti appaia normale affermare che la nazionale selezionata per il 2013 non fosse rappresentativa del baseball italiano e che questa lo sia. Mi hanno invitato a parlarne sia nel programma di Social Web Radio che nela trasmissione televisiva Il Bar del Baseball. Non potrò che ripetermi. E ne approfitto per dire che quelli sul World Baseball Classic saranno per la stagione 2017 i miei unici interventi sul baseball italiano, su questo sito o altrove.
Avevo posto una domanda anche a Paolo Castagnini, che invitava a considerare un successo del baseball di casa nostra le prestazioni di Filippo Crepaldi, Alessandro Vaglio, Sebastiano Poma. Ma senza nulla togliere a questi  ragazzi, parliamo di atleti che sono sicurezze del nostro massimo campionato. Non possiamo dipingerli come emergenti.
Tornando al nostro campionato e al confronto con i World Baseball Classic precedenti, non possiamo far finta di non vedere che nel torneo 2017 siamo tornati ad avere in rosa 7 giocatori reduci dalla IBL, come nel 2006 (l’anno in cui, stando alla Gazzetta dello Sport, la FIBS avrebbe dato la maglia azzurra “in leasing” alla MLB) e contro i 12 del 2009 e i 16 del 2013. Che il livello del nostro massimo campionato sia in calo costante, non può essere insomma negato. E non mi sembra che ci sia l’intenzione di invertire la tendenza. Spero ovviamente di essere smentito.

Il World Baseball Classic a San Diego

Nella notte Portorico ha battuto (3-1) la Repubblica Dominicana, che aveva vinto il torneo 2013 senza sconfitte ed era arrivata alla partita con altre 3 vittorie. I lanciatori di Portorico sono stati magistralmente guidati da Yadi Molina dei Cardinals, che ha fatto un vero e proprio Clinic sul ruolo del ricevitore, in particolare sul framing. Il giovane (classe 1984) arbitro MLB Will Little si è fatto decisamente condizionare e il manager dominicano Peña glielo ha detto ad alta voce, facendosi espellere.
Decisivo è stato anche l’out a casa base ottenuto dall’esterno destro Rosario (tiro impressionante) sul tentativo di pesta e corri del designato Segura. La Dominicana sarebbe potuta andare in vantaggio contro il partente boricua Roman, che era apparso davvero in difficoltà in avvio.
Questa notte gli Stati Uniti se la vedono con il Venezuela.

Il World Baseball Classic a Tokyo

Il Regno dei Paesi Bassi ha ottenuto, a suon di fuoricampo, la seconda vittoria della seconda fase demolendo (14-1) Cuba in 7 riprese.
Gli oranje accedono alle partite per i primi 4 posti di Los Angeles (California) assieme al Giappone. I Samurai questa mattina hanno battuto (8-3) Israele al termine di una partita rimasta sullo 0-0 fino alla seconda metà del sesto.